Chiunque abbia pensieri, parole, immagini o altri frammenti della vita di Babbo che voglia condividere a rinforzo di queste pagine da lui create, può inviarli direttamente a francesco.scialpi@gmail.com.
Grazie, Francesco


... ciao bà ...

venerdì 5 novembre 2010

Guglielmo Motolese
Il volto della vita: un tramite tra Dio e la gente di Taranto!

E’ difficile comprendere il mistero della vita, ma ancora di più quello della non vita! Inspiegabile il primo, quanto incomprensibile il secondo; l’uno ci pone di fronte al divenire, al domani, alla promessa, alla voglia di fare del proprio meglio, alla gioia di osservare il frutto della propria carne, la conseguenza della generazione, la felicità di toccare, abbracciare, educare una creatura che si muove e che è destinata a succederci.
Il mistero della vita si svolge e si sviluppa nell’amore, nelle cure più delicate, come nelle aspettative di vita che vogliamo costruire in una persona che ci appartiene per sempre ed è irripetibile nella sua struttura, sia fisica che psichica e caratteriale. Rimane entusiasmante quando la propria continuazione è rappresentata da una città intera; forse è un miracolo, il miracolo Guglielmo Motolese.

Il mistero della vita rimane saldo nelle nostre mani, nella nostra conoscenza, nei nostri saperi che sviluppano certezze e agire razionale, ma soprattutto esempio; rimane giusto, allora, concedere, far conoscere, educare… rimane giusto amare, sempre. Fuori quella porta si annida sempre l’ignoto che non è affidato all’amore, alle carezze, alla custodia di genitore o di persona cara, ma alla tentazione subdola di chi dovrebbe fare ciò che non ha fatto o non sa fare. A volte una sola persona riesce bene a sostituire una assise politica, una associazione, forse anche una famiglia, quasi a dimostrare quanto grande possa essere la rappresentanza di Dio sulla terra. Guglielmo Motolese.

A volte i percorsi sono lunghi, a volte sono brevi, ma se consideriamo il valore eterno di ciò che compie una persona allora avremmo la percezione vera che non esiste lunghezza di percorso, ma il percorso che tratteggia il volto della vita di quanti non dimenticheranno mai, di quanti ameranno sempre, di quanti continueranno a vedere il continuo incedere al nostro fianco di una persona che rimane presente e sembra volerci ancora guidare.

Da educatore ho sempre cercato di dialogare con i miei alunni e di creare confronti evidenziando continue consapevolezze per rafforzarli nella vita e magari per continuare quella opera genitoriale che, molto spesso, non riesce a conoscere il difficile presente per diversa appartenenza o formazione.
Non sono mancati profondi silenzi!

Il mistero della non vita si svolge e si snoda in noi. Platone affermava che occorre tendere alla verità con la stessa forza dell’amore che lega due persone. L’uomo e la vita sono i due primi innamorati. Per Platone vale il concetto di bontà e bellezza. Tutto ciò che è bello (“kalòs”) è anche vero e buono (“agathòs”), e viceversa. Perciò, la bellezza delle idee che attira l’amore intellettuale, è anche il bene dell’uomo. Il fine della vita umana diventa la visione delle idee e la contemplazione del Grande Dio.
L’insegnamento di G.M. rimane vivo e continuo; la sua persona rimane di esempio e di continua ricerca; la sua parola continua a governare le idee per organizzare la speranza della gente; la sua vita continua la sua esistenza, al punto che non ci rendiamo conto se sia ancora realmente presente o è presente davvero. Questo è il grande segreto della vita dell’uomo santo! Guglielmo Motolese.

Mi piace ricordare Sant’Agostino quando affermava: “Sono terra e cenere, eppure lasciami parlare. Vedi, è alla tua misericordia, e non a un uomo che sorriderebbe di me, ch’io parlo. Forse sorridi anche tu di me, ma ti volgerai e avrai misericordia di me. Non voglio dire, se non questo: che ignoro donde venni qui, a questa, come chiamarla, vita mortale o morte vitale. Lo ignoro, ma mi accolsero i conforti delle tue misericordie”.

Esiste una forza che si chiama libero arbitrio; poi esiste la resistenza quale forza del male, quindi l’attrito che rappresenta la forza negativa per permettere il compimento del bene.
Questo è il senso della non vita: ti porta in cielo!
Questa sera possiamo dire di essere sotto il cielo di Taranto; un cielo illuminato da una luce eterna che ci rende chiaro il cammino. G.M. è stato un grande vescovo, non solo per Taranto, ma per la Chiesa che è in Italia. Mons. Motolese può essere giustamente collocato tra i vescovi meridionali per la sua particolare sensibilità ai problemi del Mezzogiorno e dei lavoratori del secondo dopoguerra e per il modello di vescovo che ha rappresentato. Come uomo è grande, immenso e interminabile; come Pastore ha voluto donarci la speranza concreta per vincere la sofferenza
Prende così corpo il grande sogno di Mons. Gugliemo Motolese, arcivescovo emerito di Taranto, che chiese di portare in riva allo Ionio il modello del San Raffaele, un ospedale efficiente e moderno, unitamente alla ricerca scientifica e alla didattica universitaria.

Don Luigi Verzè ha ringraziato il presidente Vendola, che ha creduto nella valenza del progetto e che si è impegnato personalmente per dare alla Puglia un ospedale moderno, dedicato ai tarantini, ma che guarderà anche ad orizzonti più ampi. Il San Raffaele del Mediterraneo avrà 570 posti letto, sorgerà in zona Paolo VI, su un area di 70.000 metri quadrati, destinati alla struttura ospedaliera e 4.000 metri quadrati alle aule in cui si farà ricerca e didattica. Il nuovo Ospedale sostituirà il SS. Annunziata ed in ogni caso saranno mantenuti gli attuali livelli occupazionali.

lunedì 18 ottobre 2010

Sarah: per ripensare noi stessi!

Una delle tante cose che la vita mi ha suggerito è stata la quasi convinzione che l’uomo agisce e parla, molto spesso, per patto o per comodato, qualche volta a memoria, quasi sempre per interesse personale. Raramente ho potuto riscontrare nella gente che opera e lavora un comportamento oggettivo e una parola su cui fondare un momento risolutivo sicuro, specialmente nel nostro beneamato meridione. Va anche detto che ci sono stati, e ci saranno, degli esempi positivi sui quali poggia la speranza del domani e la possibilità di continuare ad alimentare etica e morale, ma la antica certezza di rivolgersi ad una persona e di ottenere un consiglio valido per risolvere un problema o superare un ostacolo, sembra sia sempre più sporadica.
Allora pare che si stia creando un notevole distacco tra il passato e il presente (cosa affatto buona per il divenire della persona), creando un vuoto che diventa sempre più incolmabile. Che la vita sia solo legata alla fortuna, al caso, alla appartenenza, mi fa paura, come mi fa paura l’atteggiamento che la gente assume di fronte ai violenti fatti di cronaca. Non siamo più colti dalla sorpresa, ma dalla mancanza di sorpresa e questo induce la gente a pensare solo al relativismo ed al materialismo. Ciò che tiene in piedi la storia di Avetrana non è più la storia stessa, ma il continuo emergere di colpi di scena che vanno ad inanellarsi all’infinito, per tenere viva l’attenzione, con altri fatti di cronaca della follia. Forse tutto questo ci costringe a ripensare noi stessi!
La serena Avetrana ci sta offrendo uno spaccato della nostra anima che avremmo preferito non conoscere mai perché mai avremmo voluto conoscere termini come turismo dell’orrore o necrofilia; il caso si sta imponendo alla attenzione generale come fatto ormai dominante della informazione che ha reso nazionale il locale per effetto della visione globale delle cose e, allo stesso tempo, ha conferito al locale un valore globale in quanto la curiosità è figlia sempre del coinvolgimento del pensiero che interessa tutti. Ma anche in questo caso occorre rispetto e compassione! Un tempo era la guerra a tenerci coinvolti, oggi sono una miriade di pericoli nascosti e sempre in agguato, per non parlare del famigerato balordo che si spera non lo si abbia mai ad incontrare nel momento sbagliato.
Questo è un mondo in cui la istruzione, più di tutto, ha bisogno di essere alimentata continuamente e di essere sostenuta da tutti, da qualsiasi istituzione, da qualsiasi associazione, da qualsiasi persona sana e di buoni costumi. Non basta dire: “Ma la scuola che cosa fa?” Occorre mettersi al fianco della scuola, e non come in una semplice sala di attesa di ospedale, ma entrare in sala operatoria e partecipare il nuovo modo di essere oggi. I nostri giovani hanno estremo bisogno di noi tutti!
E’ noto da tempo che i giovani procedono da soli su un percorso minato da falsi miti, da costruzioni irreali della realtà, da reality che nulla hanno a che vedere con la concretezza, da giocatori che ormai ci hanno nauseati con i milioni di tornei inutili e con un linguaggio bellico adattato ad una pratica semplicemente sportiva fino a portare la gente a credersi eroi, difensori del nulla, protagonisti falsi di una vita irreale, fragili nella realtà… come tanto agire dell’uomo attesta.
La già breve vita appare vanificata dalla immensa produzione di attrazioni e di falsi problemi che costringono l’uomo ad un declino continuo facendolo lentamente adagiare su errate convinzioni. Ma quanta responsabilità abbiamo noi!?
Ognuno crede di poter fare come alla televisione, come nei film, come nella politica, come quel responsabile qualsiasi che crede di essere padrone delle cose quando invece deve tentare di organizzare la speranza della gente nella legalità.
Abbiamo perso Sarah nella maniera più irreale, ma che dalla realtà trae origine; abbiamo scoperto che il mostro, l’orco, si annida ovunque, persino sotto la culla; ci stiamo rendendo conto della rovina dell’uomo, nonostante quanto si è detto di vero: “A Dio la giustizia, agli uomini la vergogna!”
La vergogna, come la mafia, come la prevaricazione, come la consorteria, o cricca, sono i grandi temi trasversali che aggrediscono e assediano l’essere uomo oggi. Non ci è più permesso di restare ancora a guardare. Occorre ritornare a pensare all’uomo, alla sua istruzione permanente, in quanto esigenza della contemporaneità, per tentare di riorganizzare la speranza di un futuro diverso, forse migliore.

sabato 11 settembre 2010

Si riaprono i cancelli delle scuole, ma c’è tanta tristezza in noi!

Si avvia il nuovo anno scolastico con l’auspicio che, per molti, possa rappresentare la continuità, per altri la novità, per pochi la consapevolezza di come andare a ricominciare.
Crediamo fortemente nei valori della persona e questi, quando hanno bisogno di essere sostenuti e guidati, devono sempre trovarci pronti nella comprensione, nel confronto e nel proporre un possibile sentiero di bontà a ciascuna persona tenendo conto della sua unicità. Tutti, a diverso titolo, siamo deputati alla istruzione degli altri.

L’inizio di questo nuovo anno scolastico deve rappresentare la continuità per molti in quanto la istruzione, nella sua percezione globale, è senza termine e mai deve essere interrotta, se è vero che l’uomo si nutre continuamente di aria, di cibo e il sangue scorre continuamente per far battere il cuore lungo la vita intera. La formazione è attività permanente vitale. La non interruzione degli apprendimenti crea la continuità e quindi la modernità, evitando che si vengano a creare fratture nel pensiero e nel modo di vivere, come accade, ormai di frequente, tra le diverse generazioni, sia pur esse molto vicine tra loro, e finendo poi con l’accorgersi di non sapere nulla di quanto ci accade intorno e di ciò che coinvolge i nostri figli e i nostri studenti. La giovinezza è nel pensiero e nella nostra capacità di nutrirlo di quotidianità. Il bello della vita è rappresentato dalla istruzione, ma la cosa preziosa è rappresentata dalla maniera con la quale ognuno riesce ad utilizzare e sviluppare quanto ha liberamente e individualmente appreso, per il suo bene in particolare e quello di tutti in generale.

Allora, la ripresa della attività formativa deve poter rappresentare la novità per alcuni. Essi sono coloro i quali non hanno tratto beneficio dalla esperienza precedente, hanno smarrito il senso del loro dovere, hanno bisogno di ritornare a credere nei valori e nelle loro capacità di crescita per essere cittadini attivi e non passivi, autonomi e non dipendenti, padroni e non schiavi.
La normativa corrente pone lo studente di fronte ai diritti, ma anche ai doveri; doveri che derivano dal buon utilizzo della istituzione scolastica, dal rispetto della stessa, dalla osservanza dei programmi e dei patti di corresponsabilità ormai vigenti con la riforma della scuola della autonomia, ancora fortemente in divenire e che vede, in questo anno che sta per iniziare, l’avvio della riforma della istruzione secondaria superiore, in un sistema organico che recupera l’antica qualità in veste moderna, adeguandosi alle necessità formative del presente, in termini di ottimizzazione delle risorse anche se l’indagine Ocse dimostra che la qualità dell’istruzione non è affatto legata al numero di ore passate tra i banchi e contestualmente evidenzia la necessità di puntare sull’istruzione superiore per incentivare l’occupazione.

La novità più singolare riguarda coloro i quali iniziano a frequentare il primo anno di un nuovo corso di studi: esso deve rappresentare l’appagamento personale della scelta e del divenire, in quanto segna una tappa importante verso l’adultità e la cittadinanza di riferimento per una civiltà che costruisce la sicurezza per il domani.

Rimane il nostro buon esempio, il nostro sforzo di essere all’altezza del compito; un compito delicato e molto sensibile; un compito complesso e articolato, di sicura difficoltà quasi irripetibile in altri settori; un compito che vede dirigenti, docenti e non docenti alle prese con le problematicità e le criticità del presente in ogni momento della giornata. Non esiste istituzione diversa in cui tutti i giorni passano migliaia di persone che attraversano molte delle competenze e delle necessità della vita civile attuale e sono attraversate da difficoltà di vivere.
Il buon esempio si identifica nella professionalità eletta che necessita di tanta serenità per alimentarsi, di tanta fiducia per svolgersi, di tanta comprensione per poter essere di aiuto…. Ma avvertiamo forte la tristezza di quanto è accaduto!
Non ci può lasciare sereni quanto è accaduto alla studentessa Sarah! Avvertiamo tutto il dolore e la sofferenza tipici di una società che ci sfugge di mano e che si stringe attorno alle forze di polizia in cerca della soluzione: ridare la figlia ai genitori e l’alunna ai compagni.
Il solo pensiero ci stringe la gola come un cappio di dolore!
Lungo il cammino del progresso bisogna camminare in buona compagnia e non attendersi aggressioni o agguati, ma affinché questo possa avvenire è necessario che ognuno costruisca in se la forza del bene e non quella del male.
Che la ripresa degli studi sia un momento di gaudio interiore!

domenica 13 giugno 2010

Verso la Unità d'Italia

Primo Incontro di gemellaggio per il 150° della Unità 'Italia

Benvenuti nella terra dove ha avuto inizio la unità della Nazione; dove si sono svolte le battaglie più famose e più determinanti per incominciare a costruire la libertà di un popolo; dove studenti e intellettuali, giovani innamorati che hanno detto addio alla loro bella e tanti altri, anche di altre regioni, si sono uniti per cacciare l’invasore. Questa è la terra dove sono passati gli uomini più forti, i martiri di Belfiore, che hanno posto a dimora il seme prezioso della unità per cominciare una civiltà di nazione e per inaugurare la cittadinanza italiana.
Dallo scrittore e diplomatico rinascimentale Baldassarre Castiglione, di Casatico di Marcaria, questa terra pare abbia tratto, attraverso Il Cortegiano, il divenire dell’indirizzo di pensiero: la preservazione di se stessi e la conversazione per soggiornare a corte, per piacere, non soltanto al Principe Gonzaga, ma ad ogni ascoltatore per creare nella parola una sorta di unità spirituale.

Le idee hanno bisogno della forza per realizzarsi, come la bellezza, ed ecco che alla forza della natura si è aggiunta quella della parola e quindi quella della lotta e dei dolori.

Quando apriamo i libri di storia e arriviamo al Congresso di Vienna, si apre uno scenario inquietante, quasi incredibile per non capire il perché politico e per non riuscire a spiegare la ragione di tanta frantumazione italica. Avremmo voluto leggere di una Italia sempre unita, forte, e non frantumata e sottomessa. Avremmo voluto leggere di una nazione intrisa di valori, passati e presenti, invece abbiamo dovuto continuare a leggere la via crucis di una liberazione e poi quella ricerca, che ancora continua, di unire gli italiani.

Lo abbiamo fatto passando per Castellucchio e procedendo per Curtatone, Montanara, Goito, Belfiore… Solferino e San Martino. Chi non ricorda questi luoghi? Ebbene sono i luoghi che oggi state vivendo e attraversando, quasi a voler ripercorrere la storia risorgimentale italiana e con essa la nostra storia, quella di ieri, come quella di oggi, ma soprattutto quella di domani.

Questa occasione di incontro rappresenta un inizio di uno studio, ma anche di una consapevolezza; la consapevolezza che l’unità della nazione passa attraverso la unità delle idee e rende orgogliosi per l’appartenenza.
Oggi stiamo avviando un primo passo verso la consapevolezza del passato, ma soprattutto del futuro, realizzando la conoscenza e dialogando orgogliosamente sul sacrificio di quanti hanno preparato per noi una nazione.
Dovremmo essere tutti più patrioti, oggi e sempre, per rispettare 150 anni di lotta, a diverso titolo e per diversi motivi, ma vigili, attenti, feroci difensori delle leggi e dei diritti della persona, come pure profondamente cristiani: sono questi i grandi valori sui quali vorremmo costruire il futuro che è il vero presente.

Il mio compiacimento, sentito e profondo, che unisco a quello dell’Amministrazione Comunale. e dell’Assessore alla P.I. e alla Cultura, va a questa bella iniziativa di gemellaggio con Taranto, la mia città; la città che mi vede presente anche se assente; la città che mi ha visto, a diverso titolo e con orgoglio, patriota contro la mafia ed altre avversità come la piaga dell’usura e del racket.
Grazie al Ds Antonio Pepe, mio antico amico, ma non per questo egli è qui oggi assieme ai suoi alunni e ai suoi collaboratori; egli è qui per dare il via ad una educazione permanente che vada nella direzione del rispetto della memoria per quanti hanno lottato e trovato la morte e per permetterci oggi di continuare a parlare italiano. Siamo qui tutti per ricordare l'appartenenza ad una nazione libera e speriamo pulita alla irregolarità.

Castellucchio, 13.6.2010 – Teatro SOMS

sabato 12 giugno 2010

Il lungo cammino della integrazione. Uniti nella fratellanza

Lo sport ha la capacità di unire, ma anche di affratellare. Sono molte le occasioni in cui l’uomo può evidenziare le proprie virtù umane, ma queste, prima di essere tali, sono rinunce, accoglienza, accettazione, condivisione. La chiesa le identifica nella fede, nella speranza e nella carità: virtù teologali. La fede è la virtù per la quale noi crediamo in Dio e a tutto ciò che egli ha rivelato all'uomo. Dio è verità e verbo. Dio non ha dato a nessuno denaro, vestiti o l'automobile! Con la fede l'uomo si abbandona liberamente e completamente alla verità per compiere la sua volontà. La speranza è la virtù per la quale noi desideriamo e poniamo la nostra fiducia nelle promesse, appoggiandoci all'aiuto della grazia dello Spirito Santo per meritarla e preservarla sino alla fine della vita terrena. La carità è la virtù per la quale amiamo l’uomo al di sopra di tutto e il nostro prossimo come noi stessi; un comandamento nuovo, ovvero la pienezza della Legge divina. La carità è il vincolo di tutte la altre virtù, che anima, ispira e ordina l'agire dell'uomo. La carità rimane l'unica opportunità per l'uomo d'oggi, ovvero la sua trasformazione in homo novus, ma anche homo cives per sviluppare la sua esistenza sia in riferimento a sé stesso che alla comunità in cui vive.
L’uomo non sempre riesce a condividere la presenza di una persona altra, specialmente se questa è inferiore a lui, o se è superiore a lui. Esiste una sorta di accettazione del primato di se stessi che lascia poco spazio alla considerazione ed alla stima per gli altri. Eì difficile ammettere le proprie debolezze, ma esse sono spesso causa di malesseri superiori che limitano fortemente la nostra capacità di vivere. Sarebbe molto bello, ma anche necessario, non vergognarsi di aver sbagliato e cercare, invece, la soluzione all'errore e al miglioramento futuro.
“Sono qui non come profeta, ma come servo umile. Mai, mai e poi mai questa terra potrà rivivere l’oppressione di uno nei confronti dell’altro.” Ha detto Nelson Mandela durante la cerimonia di apertura del Campionato del mondo di calcio.
Chi non conosce l'esperienza sudafricana dell'apartheid? Personalmente ho vissuto l'intervista con uno dei segretari di Mandela, all'epoca esuli all'estero, che portavano in giro la conoscenza della terribile realtà sudafricana.
Occorre passione nelle cose che facciamo; occorre passione anche per rispettare una persona e persino un oggetto. La passione deve continuare a trasparire. Ricordiamoci che il nostro agire e tutt’altro che finito, esso non finisce mai in quanto rappresenta il legame con il passato e con il futuro. Tutto ciò che l’uomo compie rimane impresso su qualche tavola, da dove è possibile andare ad attingere per il resto della nostra vita.

Esiste un agire per regole e un agire per rispetto. Entrambi i modi di agire hanno bisogno di una loro definizione, progettualità di edificazione, senza la quale non è possibile costruire l’uomo stesso, ma un essere solo che passa la sua vita su questo mondo.
L’agire per regole è un cammino di rinunzia che ci porta ad identificare la filosofia del pensiero e del modo di operare, esaminando quindi ogni possibile peculiarità dell’agire dell’uomo, sia in rapporto alla propria identità, che in rapporto al tempo. Rimane chiaro il fatto che l’agire per regole è strettamente collegato al passare del tempo: il tempo rappresenta e custodisce il nostro passato e ne determina le necessità. Nell’effimero viene chiamato moda, ma nel pensiero si chiama adeguamento alla legge del tempo che scorre e ci presenta sempre nuove opportunità di conoscenza e di studio. L’agire per regole crea, costruisce l’uomo e lo rende consapevole delle difficoltà della vita. Soprattutto lo rende consapevole del prossimo e del fatto che qualsiasi carica o incarico rimane solo e soltanto un servizio a favore della umanità e mai, dico mai, a favore della prevaricazione, della ingerenza, della intrusione e dell’ostruzionismo. L’agire per regole impone anche una capacità di riconoscere e del riconoscimento dell’altro.

L’agire per rispetto è invece la sintesi di quanto l’uomo è riuscito a costruire per se stesso e soprattutto di quanto riesce a mettere a disposizione degli altri. Non si può pretendere di rispettare gli altri se non siamo capaci di rispettare le regole e allora ecco che la consapevolezza del trascorrere del tempo, unito all’agire per regole, ci deve offrire la opportunità irripetibile di rispettare la persona che è al nostro fianco, quella che è più debole, quella che ha più bisogno e soprattutto quella che viene da lontano perché è fuggita, scappata da un regime totalitario o da un non regime che ha comunque affossato la persona umana. Semplicemente quella che è andata via perché vuole migliorare la propria vita e quella dei figli.

L’uomo ha tante opportunità per apparire tale, anche perché ha moltissime opportunità per divenire. Il labirinto dell’agire umano è tanto grande che può offrire a chiunque un percorso di ricerca. Noi oggi chiediamo soltanto una semplice opportunità di dimostrare che abbiamo fatto qualche passo in avanti sul camino interminabile della umanità e che possiamo tendere la mano, possiamo almeno donare qualche opportunità affinché ogni persona, ogni uomo possa avere l’abbrivo a intraprendere il proprio cammino di speranza, giusto, meritato, dovuto, per dimostrare che si può essere in grado di raggiungere la civiltà e il progresso anche partendo dal basso, dalla segregazione, dall’apartheid: atroce e feroce esperienza politica del Sud Africa del quale Nelson Mandela ne è il paladino dei diritti umani, e giustamente considerato come una icona di vita per la umanità. Non si può vivere separati in casa.

A volte abbiamo l’ambizione di diventare persone importanti, qualche volta ci riusciamo, qualche altra volta falliamo, ma molto speso facciamo pesare ad altri la nostra capacità, la nostra felicità. Come è possibile che altri paghino il prezzo amaro della infelicità soltanto perché noi siamo stati più fortunati, forse più favoriti dalla sorte, mentre si tratta solo e soltanto di servizio, di servire gli altri e di essere utili nel lungo processo di evoluzione e di civiltà della gente, di ogni uomo, di ogni persona umana soltanto in quanto essere umano! Ogni uomo ha un solo dovere da compiere: trasferire all'altro la propria esperienza di vita, si spera sempre positiva.
One goal: education for all!

Devo ringraziare l’Associazione “La Fratellanza”, come pure l'Amministrazione comunale che ci ospita e ci segue, la quale ha permesso di avviare questo lungo processo di studio, di esame e di ricerca sul fenomeno dei nostri tempi, istituendo una borsa di studio che abbiamo assegnato alla 2A, coordinatrice la prof.ssa Paola Rossi. E’ stata, questa, una esperienza che ha permesso ai nostri studenti di avvicinarsi al problema, di affrontarlo e di trarre delle considerazioni. E’ stata, soprattutto, una forte occasione per abbracciare l’immigrato e di darle la opportunità di vita che cercava.
Sono, questi, ragazzi bravi, molto; sono adulti e in loro rimane custodita la nostra speranza per un futuro migliore e consapevole. Grazie, ragazzi!

Castellucchio, 12.6.2010 – Teatro SOMS - Borsa di studio “La Fratellanza”

mercoledì 26 maggio 2010

La regione Puglia

Testa di ponte con la penisola balcanica e il vicino oriente, la Puglia è la regione che è stata maggiormente influenzata dalla colonizzazione greca, e non solo, vivendo per secoli le sue tradizioni e la sua civiltà. I resti della civiltà greco-romana rimangono ad esempio di un glorioso passato le cui tradizioni sono ancora le nostre radici, a dimostrazione del fatto che se si è in grado di capire le proprie origini si è anche in grado di capire i cambiamenti che i tempi, le innovazioni e la ricerca impongono al divenire naturale dell'uomo, come della comunità, del paese e della regione, andando così a comporre il meraviglioso, ma complesso, mosaico della Carta della vita della nazione Italia.

Ci sono poche cose che contano nella vita: le tradizioni e lo sviluppo dell'uomo. Ognuno dovrebbe conoscere da dove viene e come migliorare la propria condizione, avendo a riferimento le esperienze passate e la storia del pensiero spiegata nel tempo.

La tradizione rappresenta il background di ognuno di noi, la preziosa eredità del passato e, per quanto riguarda la regione Puglia (detta anche Le Puglie), sia quello greco-romano e messapico che il rinnovato collegamento economico e commerciale con il vicino oriente, dopo l'esperienza delle crociate e della ricerca di un dio e della libertà.Non pare che possa esserci una similitudine con quello risorgimentale e della resistenza?

Il Gargano montuoso che si cala nell'Adriatico e continua il suo percorso con l'altopiano murgese, collinoso abbastanza per donare i suoi oli extravergine e frutti deliziosi, per poi proseguire nella splendida Valle d'Itria e con la dolce penisola salentina, culla dei fragranti vini primitivi, negramaro che bagnano una dieta mediterranea di prim'ordine e dove le brezze dell'incrocio dei mari, azzurro fino allo smeraldo, determinano una visione che va oltre la modernità e recuperano la storia passata greco e romana, dei federiciani e anche dei musulmani riponendo al centro l'uomo, quello buono e laborioso, quello studioso e di riferimento, quello industrioso e geniale... e allontanando quello introdotto e meschino.

Terra di fermento di scoperte scientifiche e tecnologiche, ma pensiamo che non sia possibile comprenderle adeguatamente se non si è in grado di capirne l'uso corretto.

Guardare nel passato delle Puglie potrebbe significare guardare nel passato del nostro pensiero e in buona parte di quello collettivo nazionale dove, per effetto naturale della composizione geografica, Puglia e Italia si somigliano, la storia apula è per molti versi, simile, molto simile a quella di altre parti del paese, e di certo spicchio importante per tenere fermo un mallo che forse avrebbe potuto spaccarsi sulla strada della non regola.

domenica 16 maggio 2010

Collettiva in onore del Santo Patrono Giorgio

Vittorio Agnini – “I trulli di Alberobello” e “Pesaggi invernali”

La sua pittura esprime un sentimento di forte attrazione per la vita semplice, antica, diremmo arcaica per restare in tema di naif. Tratti precisi, ma spesso inclinati quasi a voler imitare l’andare, non sempre regolare, degli uomini. In Vittorio Agnini sembra che la natura imiti e riprenda la società. I trulli, tipiche costruzioni rurali arcaiche, appunto, riprendono il semplice modo di vivere, mentre il fiume recupera il senso della poetica della natura, ma anche quella del fanciullo che ama vivere lungo le rive del fiume, o del canale, quasi a voler ricordare, senza ponte, la città dei due mari, o dei due borghi. Muri a secco, terrazze ben coibentate, ma prive del degrado lento e inesorabile dei muri moderni. Quei muri di Vittorio non sentono le avversità climatiche, ma al tempo stesso sembrano rispettare la natura e incastonarsi in essa per divenire un tutt’uno. (Angelo Scialpi)


Cataldo Bicchierri - “La marina”

La sua marina richiama i colori dell’arcobaleno, ma soprattutto sembra voler determinare le ire della natura quando viene scossa da forze interiori e quando l’uomo non riesce a conferirle il giusto e dovuto rispetto. L’autore avverte la bellezza del mare, la varietà della terra con la sua produzione, ma sembra voler mettere tutti in guarda da un eventuale maltrattamento che la natura stessa può subire. Una opera attuale, specialmente se pensiamo che quei colori potrebbero tingersi tutti di nero e nessuno sembra avere la forza di dire qualche parola, o magari di andare a ripensare altra fonte di energia per soddisfare i bisogni della gente. Nell’opera di Bicchieri il sole brilla sempre, anche quando sopraggiunge la devastazione. E’ questo il segnale che dopo ogni momento di difficoltà, deve intervenire la ragione. (Angelo Scialpi)


Filomena Boezio – “Blu cobalto”

La dolcezza del blu cobalto trasmette luminosità e gioia di vivere. Bella la immagine dei due tulipani che sembrano volersi raggiungere per determinare la gioia dell’incontro e la esaltazione della natura. Adornati di petali diversi che diventano colori, l’opera conferisce al fruitore un desiderio di ricerca della serenità che rimane interamente custodita nelle cose semplici, ma forti; fragili, ma belle per effetto della loro naturalezza. Una opera di valore artistico, ma anche di profonda meditazione che ricerca la razionalità. Davvero bella e riuscita! Se l’autrice voleva trasferire la sua femminilità su una tela, lo ha fatto proprio bene! (Angelo Scialpi)


Anna Maria Castaldo – “Barche al molo” e “Madre dei pescatori”

C’è il sentimento della protezione in ciò che l’autrice intende rappresentare, e lo fa in maniera religiosa, quasi a voler sottolineare il fatto che senza un riferimento rimane soltanto il pericolo della vita, di ciò che è dietro l’angolo. La figura della Madonna rimane dominante, anche nell’altra opera della pittrice, anche se non visibile, in quanto la sua luce si diffonde su tutto l’ambiente e le conferisce quello sguardo divino che è sufficiente a lenire le fatiche del dover vivere vicino al mare e del mare. Il duro lavoro viene ben compreso da coloro che, pur nel silenzio, continuano ad amarci senza chiedere nulla in cambio. E’ il miracolo della fede, ma è anche la speranza che diventi realtà! Scene significative di un tempo che era intriso di sacrifici e di sofferenze. (Angelo Scialpi)


Daniela Curci – “ Volo” e “Poseidonia”

La ricerca della complessità nella pianta marina si potrebbe tradurre in ammirazione, ma anche in esempio per l’uomo, La poseidonia è l’unica pianta marina provvista di radici e quindi adatta ai fondali marini, come dire alla identificazione della forza sulla difficoltà. Le piante di poseidonia danno origine a delle praterie sottomarine in cui viene custodita la vita animale e quindi la continuità. Ogni cosa bella, come ogni successo, si realizza con la forza. La forza dell’arte della Curci sembra poi trasferirsi, attraverso l’acrilico, nell’aria, librandosi in volo e dettandoci messaggi spirituali. Un viaggio dell’anima che la Curci riesce a tradurre con i suoi meravigliosi colori di ricerca, partendo dai fondali marini e fino allo strato alto dell’atmosfera. (Angelo Scialpi)


Sandro Curci – “Eruzione” e “Napoleone Bonaparte”

C’è molto rosso nelle opere di Curci; forse è rabbia, forse è desiderio di qualcosa che stenta a realizzarsi o che viene rigettata; forse entrambi. La rabbia potrebbe essere identificata con l’ira del vulcano; più che dio del fuoco sembra un dio della terra, pronto a dimostrare la sua forza per controbattere la indolenza degli uomini, in cambio di denaro sempre più vile e forse anche inutile. L’altra immagine, vigorosa, ci riporta al desiderio di ritrovare persone forti, comunque eroi in grado di fermare qualcuno, anzi i molti che continuamente vanno cancellando il vivere civile e complicando la vita della gente. Si chiamavano cavalieri, poi templari, poi moschettieri o martiri, poi anche bonaparte. Il riferimento evidenzia la necessità di essere forti oggi, sia fisicamente che intellettualmente. Notate i colori di entrambe le opere: un crescendo di tonalità che arriva a sconvolgere perfino il volto del cavallo. Chissà! (Angelo Scialpi)


Dora Flavianna – “Appunti di viaggio” e “Luce nel roseto”

“E’ possibile definire la visione del soggetto in cui si può notare non soltanto la faccia reale, ma anche quella che un particolare punto di vista, che è realtà, ci nasconde. L’immagine riesce a proiettare attorno a sé la sua intera esistenza dispiegando i propri piani e le proprie superfici e incorporando anche l’atmosfera che lo circonda… I colori sono colori naturali, vigorosi, monocromi, così che le immagini vengono spezzettate e poi ricostruire, definite e poi ripensate, quasi a mo di diverse angolature e di diversi punti di vista, in cui si adegua e si sviluppa quella personale convinzione che attiene la consapevolezza dell’artista in riferimento all’oggetto o alla persona che dipinge. I colori formano una bellezza assoluta perché vivi, forti, significativi, ma creano un panorama disastroso, senza un perché, mi suggerisce l’autrice, ma il perché c’è e si nasconde nella realtà, a volte triste e amara che si svolge attorno a noi e dentro le nostre persone. Osservare un dipinto di Dora significa cogliere il bello e il triste della vita.” Se non fosse intrisa di codici e di norme avrei difficoltà a comprendere la sua etica di vita, ma siccome lo è, deduco che la mamma e poi la donna diviene sempre guida silenziosa e spirituale nella ricerca della ragione, del buon senso e della giustizia. Le opere presentate confermano la sua ispirazione artistica e la pongono ulteriormente impegnata nella ricerca della luce, da un lato, e del rispetto della persona, dall’altro. (Angelo Scialpi)


Ferruccio Furiosi – “La masseria”

Dalle sue opere traspare la innocenza e lo charme del suoi lavori che gli valgono la nostra riconoscenza per la potenza creativa in cui evidenzia la trasparente visione della vita e del suo ambiente, anche se si tratta di un ambiente semplice e antico, conosciuto e utilizzato, anzi adottato. La sua visione è di grande forza immaginativa per cui viene da pensare che essa è ispirata dalle sue aspettative, dalla speranza espressa, dalla voglia di partecipare il suo mondo da protagonista, o meglio da persona che, come tutte, è in grado di esprimere la sua idea, la sua forza vitale in un panorama semplice, forse anche povero, ma che, grazie alla presenza dell’uomo, ha pur sempre qualcosa da dire e da dire per sempre. L’arte ha da sempre questa forza e questo rimanere eterno. La sua pittura segue il proprio istinto senza seguire quelli che sono i dettami tecnici o “filosofici” delle espressioni artistiche del “momento”. Ferruccio Furiosi dipinge per se stesso, esprimendo senza compromessi una visione realistica e poetica, fantasticando ed accentuando le forme e la realtà. La sua pittura, come in genere quella Naïf, è costituita da un'esecuzione elementare e semplice e racconta in modo fiabesco scene di vita quotidiana, con un ricco accostamento di colori, usati generalmente puri. Alla tonalità quasi monocroma, temprata da terre verdastre e grigie, con i grandi pannelli sulla storia della vita umana nelle terre del sud, si contrappone, in maniera suggestiva, il contrasto di chiari colori.” (Angelo Scialpi)


Maria G. Gallo – “Atmosfera sul mar piccolo” e “Terra di Puglia”

Eterna innamorata della propria terra, delle abitudini e delle caratteristiche, umane e ambientali, del suo habitat. E’ difficile pensare che qualcosa non sia bella per Maria Gallo… e si, lei è positiva, vede positivo, è sostenuta da una espressione delicata, quale quella dell’acquerello, che diffonde la sua anima sulle tele o cartoncini che utilizza, a seconda della necessità. Come si fa a non evidenziare la bellezza della terra pugliese, le sue caratteristiche tipiche fatte di terrazze e di abitazioni rurali singolari, ma anche di quelle tipiche postazioni ambulanti che si incontrano lungo i percorsi per proporti le cose buone della natura: le cozze, le arance, l’uva e i meloni, ma non solo. Tutto sembra evanescente, invece è soltanto reso naturale dai colori tipici di Maria Gallo che non soltanto racchiudono la sua anima, ma riescono a stenderla sulla tela o sul cartoncino e da essi ai suoi fruitori. (Angelo Scialpi)


Cosimo Greco – “Santa Cecilia” e “Venezia”

Il suo è un dipingere surreale, che recupera il senso della verità delle cose e propone l’osservazione della magnificenza dell’operato dell’uomo. Attrae la sua pittura, poi ti induce a riflettere e quindi ad osservarla per far emergere l’anima profonda dell’autore. Il suo mondo di putti riesce a definire bene il rapporto tra il terreno e il divino. La musicalità non è solo data dalla presenza del pianoforte, ma dal coro unanime di ricerca del vivere musicalmente; a questo coro si uniscono gli angeli per armonizzare al meglio la espressione tonale che ricerca un vivere nella bontà. Il paesaggio veneziano sembra trasformare la stessa armonia di voci in sinfonia di creatività, di sacra maestria che rimane a perenne testimonianza del passare degli uomini buoni e di quelli che vorrebbero esserlo. I colori rimangono vivi, le proporzioni adeguate alla volontà espressiva dell’autore. (Angelo Scialpi)


Lina Mannara – “Seduzione” e “A te tuo figlio”

L’autrice ci porta in maniera subliminale in un mondo che sappiamo essere esistito, ma che vorremmo sempre considerarlo per ritornare a comprendere il grande ruolo della donna. La seduzione del primo approccio, ma anche quella della persona di valore; la seduzione quale forma delicata di abbraccio con la maternità, ma anche con quella forza di inimitabile bellezza che sprigiona l’amore. Poi il ritorno, che non è più seduzione, ma recupero e custodia di un amore eterno: il figlio. C’è ogni espressione umano nel volto di donna affranto per la morte del figlio, ma ancora di più per le torture subite e, ancora, per le ingiustizie che lo hanno portato sulla croce. La pittura di Lina Mannara ci affascina per il suo significato interiore, per la struttura stessa delle opere e per il significato umano che conferisce alla donna in un tempo in cui sembra stia perdendo la sua femminilità divenendo sempre più non donna. I colori pastosi e forti contribuiscono a conferire all’opera un valore di altro apprezzamento. (Angelo Scialpi)


Franco Nitti – “Giocatori di carte”

A vederli sembrano gli amici di sempre, quelli del passato che eravamo soliti incontrare nei bar, ancor prima nelle taverne, oppure negli scantinati delle proprie case. Persone buone, padri di famiglia e lavoratori, ma anche giocatori di carte e fumatori. L’opera va vista nel suo assieme ed acquista valore mano a mano che riporta alla memoria sensazioni di vita passata che ti permettono di fare subito il paragone con il presente. Allora c’erano le taverne, oggi le discoteche e i pub, Mancavano però le droghe e i motori. Gradevole l’uso dei colori e anche la
atmosfera che l’opera riesce a creare, meno le proporzioni. (Angelo Scialpi)


Michele Panarelli – “Natura morta” e “Paesaggio”

Anche Michele Panarelli evidenzia un sud dai colori primordiali : azzurro cielo, bianco calce, l’odore della terra. La sua ispirazione trae origine direttamente dalle cose che viviamo, all’aria che respiriamo, alla bellezza cromatica della natura che emerge con tutta la sua possanza interiore e si trasferisce nell’agire dell’uomo, nel pensare di una comunità, nella espressione di una civiltà che ha organizzato e preparato quella attuale, anche se sembra essere ricaduta nell’oblio. La sua pittura è tesa ad esaltare l’ambiente e coloro che l’hanno abitata. Ha facilità di espressione Panarelli e riesce ad imitare le cose naturali e a riportarle sulla tela per donarci una opportunità: pensare alla semplicità del passato.. ma ormai rimane solo ricordo e come tale sempre in grado di esercitare la memoria e quindi guardare meglio nel futuro. (Angelo Scialpi)


Cataldo Piccoli – “Tramonto a Lido Torretta” e “Natura e colori in armonia”

Ha ragione Aldo Piccoli: La natura non può non essere in armonia con la vita; essa ti segue sempre e ti accompagna anche oltre la vita. Si evidenziano, nelle opere di Aldo, le caratteristiche del suo carattere, della sua indole, del suo essere uomo di servizio. Un artista che dedica la propria esistenza al servizio degli altri non può non meritare la giusta considerazione. Allora ecco che attraverso la sua espressione artistica, peraltro non nuova anche se è passata in secondo piano, riusciamo a scorgere un lato diverso di Aldo Piccoli che conferma la sua dedizione al volontariato e alla operatività culturale a favore della propria gente e non solo. Aldo ci offre e ci dona paesaggi che abbiamo sempre amato; paesaggi marini che ricordano la infanzia e la storia passata, ma quando ci va a proporre il rametto quasi in fiore che viene accarezzato dalla brezza e, a sua volta, bacia l’aria per abbellire la terra, beh, allora vuol dire che siamo di fronte ad una sensibilità che ha saputo tradurre in incanto la più piccola espressione della natura: eterna generatrice di riferimenti e di insegnamenti. Aldo Piccoli rimane un uomo di riferimento, anche per la sua arte di vivere che rimane grondante di esperienza e sensibilità proprie. (Angelo Scialpi)


Cinzia Raffo – “La canzone degli angeli” e “Nell’orto degli ulivi”

E’ come dire: annunciazione della vita e presagio di morte! Rimane il grande mistero della esistenza. A volte abbiamo paura della morte perché riusciamo a conoscerla, anche se per un istante; ma non conosciamo il dolore della nascita. La questione che la mistica Cinzia Raffo ci propone è, invece, proprio quella della vita. E’ per vivere che occorre la scienza. La Raffo ci ripropone i problemi del vivere a contatto con certa gente e ci mette in guardia da detrattori, malfattori e traditori: elementi dominanti della società contemporanea, a sua volta succube di un agire scorretto e sconsiderato. Anche in queste opere, come in molte altre, si ripropone il dualismo bene-male e la difficoltà di vivere che esso crea. Belle le figure, ben proporzionate e in perfetta armonia tra di loro e con l’ambiente in cui agiscono, mentre i colori riescono ad evidenziare i sentimenti e gli stati d’animo interiori dei protagonisti. (Angelo Scialpi)


Teresa Scialpi – “Composizione floreale” e “Fondo marino”

A guardarli bene, i fiori di Teresa Scialpi sono una armoniosa generazione della natura. Colori e fattezze riportano alla madre terra. Sono fiori veraci, belli nel loro complesso, ma non soltanto illustratori del bello floreale. C’è la forza della appartenenza generazionale. Il bello è che non sono in un vaso, né nella terra, ma sospesi nell’aria e traggono luce diretta dai colori dell’atmosfera. Una opera particolare per la sua cromaticità, ma anche per la sua forma. Questa tendenza la si può riscontrare anche in “Fondo marino”. I colori del mare, ma anche la stratificazione dei coralli e il sovrapporsi del tempo costituiscono gli elementi ispiratori che definiscono immagini e pensiero, intrisi di verità temporali. I colori riescono ad esprimere i moti interiori dell’artista che emergono in tutta la loro sensibilità e definiscono una creatività gentile, ma profonda. (Angelo Scialpi)


Piero Strada – “La cascata e Paesaggio veneziano”

Pittura della ricerca di una condizione in grado di uguagliare quella del proprio animo, almeno quella desiderata. La abilità artistica non è semplice, anzi è ricca di particolari che solo una fantasia costruttiva riesce a organizzare. In questo scenario tutto sembra essere adeguato fino a far concepire con la fantasia un ecosistema di cose e persone in un ambiente certamente surreale, così come lo sono molti pensieri innovativi e molti desideri che sono prospettive nuove di vita. Quella cascata, quasi umanizzata e posta tra una scala e un muretto a secco, domina la scena, anche per luminosità, e conferisce, sia ai fiori che alle persone, una condizione di completo adeguamento alla unità suggeritrice e indagatrice di uno stato di serenità collettivo per una qualità della vita. La stessa rappresentazione è da ricercare nel paesaggio veneziano, ma con minore successo, forse per l’eccessivo utilizzo di un paesaggio unico al mondo, ma molto sfruttato. (Angelo Scialpi)

Circolo socio-culturale “Lino Agnini” - San Giorgio J. 02.05.2010

venerdì 30 aprile 2010

Il ritratto di Mina Miano

“Monteiasi: un occhio di riguardo”

Ci sono molti modi e mezzi per raccontare una storia; c’è la narrativa, la poesia, l’arte e la architettura. Questi sono tutti modi difficili e di non facile esecuzione, a meno che non si tratta di raccontare un fatto convinti di trasmettere quello che si crede di dover dimostrare. Nel racconto si intrecciano e si snodano molti riflessi dell’animo umano che attengono a campi di ricerca diversi, a modi di pensare, a modi di essere, alle filosofie delle scienze umane. C’è sempre tanta psicologia, sociologia, antropologia in qualsiasi rapporto di fatti e di eventi che vogliamo evidenziare, usati in maniera oggettiva o asserviti ai propri punti di vista.

Bisogna fare, però, sempre attenzione affinché il racconto non abbia ad essere la esternazione della propria volontà o delle proprie aspettative. Questo, se può capitare nella architettura o nella poesia, non dovrebbe accadere mai nella narrativa e nell’arte, le quali dovrebbero esplicare la obiettività delle cose e, semmai, far emergere quanto molti non riescono a capire o a vedere. L’arte si avvicina alla realtà quando evidenzia verità non facilmente visibili dall’occhio comune e riesce a suscitare la catarsi. Per estensione la semplice apparizione in televisione suscita sempre meraviglia negli altri.

Raccontare una storia significa possedere la esperienza della conoscenza, la preziosità della introspezione, la conoscenza antropologica. La giovane artista Mina Miano ha parlato di studio della figura umana. Il racconto del viso esige obiettività, capacità di ponderazione e bisogna sempre avere un occhio di riguardo per rispettare fatti e uomini, identità e comportamenti, protagonismo e secondo piano. È evidente il fatto che per poter fare un ritratto occorrono tutte le conoscenze che servono per poter raccontare un fatto. A testimonianza del valore del racconto, una ricerca che riguarda la osservazione della necessità di saper raccontare una storia, si inserisce direttamente nella comprensione dell’agire delle nuove generazioni. Il riferimento è dato dalla necessità di andare a capire l’andamento della società contemporanea in termini di istruzione e la necessità di essere oggi cittadini adeguati al vivere complesso della quotidianità. Il racconto, se osserviamo la realtà odierna, rimane la forma espressiva più complessa, complicata al punto da andare a falsare la stessa verità delle cose, oppure al punto di renderla scientificamente attuale.

La narrativa è il modo più completo per dire e capire le azioni umane, se poi le azioni umane sono riportate sui volti e tra le stratificazioni temporali del nostro viso, beh, allora il ritratto diviene un racconto che evidenzia la vita e lo si può intendere come immagine speculare di noi stessi, ma anche a quel punto occorre discernere l’obiettività dalla soggettività. Il ritratto, come la narrativa, è creazione e produzione: ponesi ed estetica: creazione della percezione mediata dal senso.

C’è un esempio in cui la narrativa entra nell’arte e coinvolge le scienze umane. “Il ritratto”, appunto, ma di Dorian Grey; un ragazzo particolarmente bello, il quale, proprio in virtù del suo straordinario fascino, viene dipinto in un quadro dal pittore Basil. Dorian viene però anche plagiato e iniziato al culto della bellezza dall’esteta Lord Henry, il quale gli spalanca contemporaneamente le porte del Male, ribadendogli più volte: «La vita ha in serbo tutto per voi. Non c’è nulla che voi non possiate ottenere, con la vostra straordinaria bellezza.» Mentre Dorian contempla la sua bellezza fedelmente raffigurata nel quadro esprime il desiderio che il dipinto possa portare al suo posto i segni del passare del tempo, in modo che la sua bellezza originaria si possa mantenere per sempre inalterata. Il ‘patto col diavolo’ però si realizza e, mentre il quadro porta i segni dell’età che avanza, l’anima di Dorian porta quelli della progressiva decadenza morale per l’eccessiva dedizione al culto del bello. Lo stesso Wilde ebbe a dire che: “Basil è ciò che penso di essere. Henry è ciò che il mondo pensa di me. Dorian è ciò che io vorrei essere”.

La narrativa artistica è l’antidoto formidabile alla dispersione di identità, più di qualsiasi altro tipo di narrativa. Qui è il passaggio all’oggi. La globalizzazione infrange tutto per cui la narrativa è magistra vitae, in quanto oggetto di scienza (saggezza) e della tecnica: organismo vitale che si relaziona con tutti gli altri organismi vitali. La narrativa parla al lettore per cui alla poiesis dell’autore corrisponde la catarsi del lettore, divenendo fonte per trasformare e migliorare se stesso e gli altri nelle azioni della vita, estendendosi così alla verità e alla morale. L’artista come fonte di verità!

Allora si può affermare che l’artista è il creatore delle cose belle: questo è lo scopo dell’arte. Il critico, quindi, potrebbe essere colui che traduce in una nuova espressione la percezione delle cose belle. Mina Miano ci ha offerto questa occasione per poter parlare della attualità, per poterci conoscere meglio, per capire meglio il veloce scorrere delle azioni e dei comportamenti. Quanta gente ha fatto ritratti! Ma l’impegno della Miano ci porta a riflettere sulle cose che ci riguardano da vicino e incontrare le persone con le quali viviamo ogni giorno e con le quali ci rapportiamo nella vita locale.

Protagonisti sono alcune persone monteiasine, scelti a caso, semplicemente gli ho prima scattato alcune foto e poi ho eseguito il ritratto. La mia idea è nata due anni fa dallo studio anatomico del volto, poi si è evoluto e ad oggi ho realizzato circa 40 lavori. Sono tutti su cartoncino o fogli di tela, realizzati la maggior parte in bianco e nero a matita e carboncino, alcuni a colori con tecniche miste come acquerello, matite colorate, sanguigna. Ma questa necessità della Miano di ritrarre alcuni suoi concittadini ci potrebbe portare lontano e cercare di recuperare il senso forte del localismo, della presenza di certe persone, dell’omaggiare una comunità che, forse, non fa abbastanza per evidenziare i suoi cittadini, le loro virtù, il loro continuo agire in termini di umanità e di vita in diretta, anche dal punto di vista pedagogico. La continuità!

Quando ci chiediamo che tipo di uomo costruire oggi per la società, occorre prima essere capaci di insegnargli come poter raccontare una storia in quanto il racconto, nel caso specifico il racconto artistico, è la costruzione della capacità di comprendere la modernità partendo dal passato, diversamente diventa difficile qualsiasi confronto e ricerca della comprensione delle cose attuali.

Il ritratto è una rappresentazione di una persona secondo i suoi reali lineamenti. In realtà il ritratto non è mai una schietta riproduzione meccanica delle fattezze, ma vi entra comunque in gioco, per definirsi tale, la percettibilità dell'artista, che interpreta le forme secondo il suo gusto e secondo le caratteristiche dell'arte del tempo in cui opera. Si potrebbe affermare che la modernità si trova in ogni nostro agire, per cui la stessa visione delle cose determina una certa volontà di vedere le stesse cose. E’ possibile che attraverso il ritratto di determinate persone si possano tracciare i lineamenti di una comunità stessa. Se osserviamo i ritratti della Miano viene spontaneo identificarli con le caratteristiche e le peculiarità di una comunità Ci sono molte figure determinanti, come quella del sacerdote, della energica vecchietta, dell’uomo semplice di piazza, della mamma, della nonna, del giovane che definiscono un certo modo di essere stato comunità e ciò che si vuole essere, partendo dal certo esistente. Tutte le verità possono essere dimostrate per il rovesciamento del principio secondo cui è l’arte che imita la vita, trasformandolo nel presupposto per il quale è la vita ad imitare l’arte.

L'arte si fa scienza per ritrarre le città. Ricostruire la memoria e con essa la identità della città: è questa una forte vocazione dell’uomo. La memoria è conquista quotidiana che ricerca la salvezza e non può, contrariamente alla idea comune, starsene in disparte e attendere. La divulgazione e la diffusione sono dei compiti importanti che la società civile deve perseguire per tenere alto l’orgoglio civico e il senso della appartenenza. Il dovere non è mero rispetto della regola, ma capacità di saper trasmettere agli altri la propria cultura per permettere alle generazioni future di contare sui valori della appartenenza.

Venerdì 30 aprile 2010 - Centro Culturale “Gruppo Anonimo '74” - Monteiasi

sabato 3 aprile 2010

Il silenzio del Sabato Santo

Il sacrificio dell’uomo, dopo il suo compimento, impone il silenzio, quindi crea la conoscenza e avvia la riflessione. Mai occasione più propizia per alzare lo sguardo ci viene offerta dalla fabbricazione del dolore. Il dolore, per sua natura, è il compendio di un danno, la consapevolezza di una strappo, la rottura di quanto l’uomo va sforzandosi di costruire per dare un senso alla vita e realizzare il valore cristiano: considerazione della persona nel rispetto solidale, come il sacrosanto rispetto dei suoi diritti.

Il ripetersi dell’evento, da ormai due mila anni, deve proporci rinnovata motivazione, altrimenti rischia di divenire ricorrenza per alcuni, festa per altri, folklore per altri ancora. Pochi a seguire, ma molti a guardare, accovacciati sui marciapiedi, addossati per meglio avvertire il calore dei corpi, mentre l’uomo passa!

Il dolore crea esistenza come la evoluzione del pensiero nella fronesi della vita. Esso deve essere foriero di nuovi suggerimenti, di nuovi consigli, di nuove proposte sul come andare a continuare ad aprire gli occhi alla luce.

Questo Sabato Santo sembra proporci il flagello della essenza spirituale contemporanea, lo sbrandellamento del senso della responsabilità individuale fondato sulla arroganza e sulla prevaricazione e sembra intriso di forte disapprovazione sulla costruzione delle strutture giovanili; strutture sulle quali poggiare il domani di tutti.

Il mistero del Sabato Santo ti prende, ti avvolge e ti pone al cospetto dell’uomo, di te stesso per poter brandire la forza necessaria per gridare alla mistica della Resurrezione con nuova forza e resistenza.

Buona Resurrezione!