Chiunque abbia pensieri, parole, immagini o altri frammenti della vita di Babbo che voglia condividere a rinforzo di queste pagine da lui create, può inviarli direttamente a francesco.scialpi@gmail.com.
Grazie, Francesco


... ciao bà ...

venerdì 27 gennaio 2012

27 gennaio 2012: Giorno della Memoria

A volte abbiamo bisogno di sentire più volte lo stesso racconto per poterlo interiorizzare e renderlo parte della nostra storia, della nostra consapevolezza, del nostro modo di vivere. Oggi ricordiamo la Shoah, quella che molti chiamano olocausto, altri sterminio o eccidio; il mondo civile dovrebbe chiamarlo vergogna e il riferimento va certamente esteso alle esperienze dei nostri giorni.

Viene voglia di soffermarsi e riflettere con obiettività sul giorno della memoria e immaginare, pur senza averlo vissuto, il ricordo di un evento esecrabile, come in un film, anche se il film termina la propria influenza non appena fuori dalla sala, pur lasciando indelebili alcune immagini.

“La Shoah è un tragedia che non si deve mai dimenticare e la nostra Costituzione è un baluardo che dobbiamo portare come uno scudo - ha detto il ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri - Con la Shoah si è andati comunque al di là della legge divina e di quella del cuore”.

Ricordando, sembra di assistere all’inimmaginabile farsi realtà, all’impensabile divenire ideologia nefasta e deviazione intellettiva che lascia con il fiato spezzato, alla fratellanza come ad una opportunità per lasciare nella storia degli uomini il segno di una grandezza folle. Certo gli Stati sono sovrani, ma gli uomini non hanno nessun diritto di reprimere i loro simili per una dannata ricerca del potere, destinata quasi sempre a finire nel sangue.

Occorre sempre pensare alla maggioranza degli uomini, e mai agli interessi di pochi. Pensare al come sia possibile che un sistema politico possa degenerare al punto da voler distruggere intere popolazioni che pur hanno legittimato lo stesso sistema politico per regolare i propri bisogni; concittadini di una medesima patria.

L’esperienza delle celebrazioni per il 150° della Unità d’Italia ha evidenziato quanto difficile e grande sia la costruzione del senso dell’appartenenza ad una nazione unita e indivisibile. Abbiamo vissuto la epifania della cittadinanza e della italianità che si spera possa emergere nella sua forma più bella nel corso degli anni prossimi, come sempre è stato attestato a livello di preziosa individualità e inimitabile bellezza dell’ambiente.

Allora la crisi è politica, cioè della persona preposta alla cosa pubblica? La popolazione aumenta demograficamente giorno dopo giorno, e la stessa si fa carico della gestione delle sue cose e dei suoi ordinamenti andando a contribuire, con parte consistente del proprio reddito e delle proprie sofferenze al solo fine di stare bene, forse meglio, almeno di vivere in maniera equa e regolare, soprattutto dentro la legalità. La gente dona al loro rappresentante pubblico la speranza di un impegno primario per la guida collettiva, fatta salva quella personale per la quale pur occorre saggezza e considerazione del denaro, oculatezza e capacità di discernimento, rispetto continuo per il prossimo; quell’impegno primario non può essere ritenuto una cambiale in bianco, ma deve tradursi costantemente in beneficio collettivo ed essere verificato sulla base della onestà, regolarità, discernimento oculato per poter essere mantenuto fino alla fine dell’incarico temporale. La fiducia non può mai essere incondizionata, ma continuamente verificata sulla base della legge morale e del rispetto dei propri simili. Le popolazioni hanno vissuto e vivono continuamente repressioni di questo genere, per nulla accettabili, per fortuna, da parte della comunità internazionale che dovrebbe essere sempre vigile e attenta, come lo è, allo svolgersi negativo e irregolare dell’impegno politico e amministrativo all’interno di una nazione qualsiasi dove la brama di potere viene assimilata alla stessa devastazione fisica e psicologica.

Il cittadino, allora, rimane l’unico baluardo della legalità e della giustizia, del rispetto e della osservazione dell’andamento della cosa pubblica; al cittadino è demandato il dovere di verificare continuamente e con accortezza la tenuta leale della politica, ma non solo, visto che i sistemi sono spesso integrati negativamente quando viene meno il concetto basilare di rispetto della persona. Si dice che la persona umana viene prima della legge! E’ vero, ma deve essere vero anche il fatto che la formazione viene prima del diritto. Le difficoltà del nuovo millennio sono tutte da verificare e da svolgere all’interno di nuovi canali formativi e conoscitivi affinché possano emergere nuove competenze per vincere la sfida lanciata dai tempi moderni. Credo sia giunto il momento di guardare oltre; forse di guardare a noi stessi per poter far rinascere dalle ceneri dell’olocausto, ma non solo, l’anima vera e forte di un mondo che non può permettersi di fermarsi di fronte ad una pistola o ad un carro armato. Dio ha creato l’uomo per dare gloria e senso all’universo. La morte, se è al tempo stesso resurrezione, deve poter continuare a dare energie nuove e forza di vita che deve inondare la singola persona dentro la quale si nasconde e viene custodita la speranza di riuscita di tutte le cose. Possiamo possedere la bomba atomica, possiamo anche possedere l’automobile più bella e più costosa congiuntamente ad un portafogli stracolmo, ma rimane da guardare con distacco alla nullità dell’uomo di fronte all’improprio utilizzo della ricerca come all’inutile utilizzo dell’effimero. La preziosità dell’uomo la si deve ricercare nella propria formazione e nell’uso della ragione per il suo bene e quello collettivo.

In questo senso sembra essersi posto il Presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche Renzo Gattegna, il quale ha osservato come l'Italia debba essere “orgogliosa per la legge Mancino contro la discriminazione e per quella che istituisce il Giorno della memoria. Non sono - ha sottolineato - leggi che guardano al passato, ma al futuro, perché puntano ad educare i giovani”. Quanto alle famigerate leggi del 1938, ha rilevato inoltre Gattegna, “io le definisco razziste, non razziali, perché quello è il termine più appropriato e la Shoah non è stata una follia, ma una pianificazione meticolosa e scientifica per applicare criteri industriali all'uccisione di un popolo”.

Il presidente emerito della Corte Costituzionale, Giovani Maria Flick, ha auspicato di “trasformare il ricordo in radice ed identità e trasmetterlo alle giovani generazioni per evitare che si perda con la morte degli ultimi reduci dei campi di sterminio”.

lunedì 23 gennaio 2012

Murales: Il drago:
la lotta per il bene di Antonio Lomartire
Inaugurazione del Museo Cinese

23.1.2012 – 9.2.2013 Anno del drago

La figura del drago è presente nell'immaginario collettivo di tutte le culture, in quelle occidentali come essere malefico portatore di morte e distruzione, in quella orientale come creatura portatrice di fortuna e bontà. Secondo le varie culture esso appare pauroso e quindi da eliminare, oppure riferimento della forza e del potere da venerare o imitare. In Cina, il Drago è il segno dell'Imperatore, assieme alla fenice, o l'elemento maschile Yang. Il Drago è, quindi, il simbolo del potere e della ricchezza. ll Drago cinese è una creatura mitologica ed è molto presente nelle manifestazioni popolari e folkloristiche. Nella cultura orientale il drago caratterizza, nello zodiaco, un anno particolare di nascita; così come altri anni prendono il nome di animali. I nati draghi possono essere: re, ufficiali militari, politici, musicisti, operatori di borsa, avvocati; persone di forza e di coraggio.
È giusto dire che le persone nate nell'anno del Drago hanno un naturale carisma e sono sicuramente dotate di potenza e fortuna. È improbabile che passino inosservati o ottengano il secondo posto in una competizione. Il Drago ha una mente attiva e mostra un forte interesse per il mondo che lo circonda. È una persona sicura di sé al punto da sapere come dare una buona impressione. Siccome sono più grandi della vita stessa, i Draghi fanno qualsiasi cosa su larga scala. Sono egoisticamente egocentrici e ambiziosi, al limite della megalomania. Non si fermano di fronte ad alcun ostacolo per ottenere ciò che desiderano. Una persona nata in questo anno indossa la corona del destino ed è capace di ottenere grossi risultati, se sa come sfruttare la sua straordinaria energia, l'intelligenza e il talento. Pur amando essere al centro dell'attenzione, queste persone hanno anche un aspetto coraggioso e caritatevole. I Draghi richiedono che le azioni, per loro o per gli altri, siano efficienti e sono sorpresi quando gli altri non riescono ad occuparsi di un compito; sono così trasportati dal processo di azioni che non vedono le debolezze delle altre persone.
Si comprende, quindi, quanto notevole sia il valore esoterico del drago al punto tale che l’uomo, dotato di ragione, deve mirare ad eguagliarlo nella forza in ogni senso, anche quella del pensiero e dell’intelletto. Ciò che non è permesso all’animale deve poterlo compiere l’uomo grazie alla sua capacità e alla sua intelligenza. Si comprende subito come il riferimento a questo animale è un riferimento per raggiungere la maturità e rendere l’uomo forte e coraggioso. Nel drago sono presenti tutte le caratteristiche in grado di elevare l’uomo, se capace di raggiungerli. Forza e intelligenza appaiono essere le vie maestre di questo riferimento nel mondo orientale che sembrano stridere con la nostra cultura e le nostre convinzioni.
Non sono in grado di definire una linea di demarcazione possibile tra la convinzione orientale e quella occidentale. Mi pare di poter affermare che il drago, nella Bibbia, simboleggia il male supremo, mentre il serpente, appartenente alla famiglia del drago, sia il diavolo che ha indotto al peccato originale. Ma, essendo la mia una interpretazione personale che prova a comprendere la diversità culturale in un momento storico di integrazione di uomini di diverse culture e religioni, mi pare di poter affermare, rispettando entrambe le convinzioni, che appare diverso il punto di riferimento e quindi non mi pare possano essere confutate, ma rese soltanto note per dovere di conoscenza.
Un animale non è un uomo, per cui si tratta di un simbolo che diversifica nettamente le due culture e ne determina un diverso punto di vista e un diverso modo per raggiungere la maturità e la ragione. Forse il fine è molto simile se si pensa alla forza per far regnare il vero e la legalità.
C’è da dire, però, che per vincere le avversità occorre forza e coraggio (da una parte), per vincere il male occorre forza e coraggio (dall’altra). Nella nostra cultura e religione, per vincere il serpente occorre sobrietà e dignità e, se vogliamo, ci riferiamo alla persona individuale; per vincere, invece, un male collettivo occorrono sacrifici e rinunce, ma anche perdite di vite, e, se vogliamo, possiamo riferirci alla politica.

Forza e saggezza vanno sempre insieme, dovrebbero andare insieme, per realizzare la bellezza della esistenza. Esiste un agire collettivo e un agire individuale: entrambi producono la civiltà. La modernità di San Giorgio è tutta nella sua forza dirompente e moderna di essere guerriero della legalità, della giustizia, dei deboli, cioè, nell’accostamento che molti giovani dovrebbero trovare in lui. C’è necessità oggi di riferirsi ad un protettore guerriero e intelligente; c’è necessità oggi di essere sempre in guardia e di difendersi dal male diffuso e presente ovunque, ma ci dovrebbe essere anche la necessità di essere in grado di potersi avvicinare ad esempi di vita come quello degli eroi martiri e santi che abbiamo scelto a nostri protettori. Non si sceglie una persona solo perché ci piace, è la scelta più stupida, si sceglie una persona per essere simile, per avvicinarsi ad essa, per imitarla, per crescere insieme e attrarre altre persone. L’uomo non è una ciliegia, che raccogli e usi in sequenza di una tira l’altra; l’uomo è una entità irripetibile nella sua collettività, un universo, un mondo che tutti dovrebbero conoscere, imitare se utile, utilizzare per arricchire il patrimonio sociale e umano: la grande creazione di Dio.

Nella vita di San Giorgio, la leggenda del drago comparve molti secoli dopo la sua nascita, nel Medioevo, quando la sua figura fu fissata come cavaliere eroico, che tanto ha influenzato l’ispirazione figurativa degli artisti successivi e la fantasia popolare. Essa narra che nella città di Silene in Libia, vi era un grande stagno, in cui si nascondeva un drago. I poveri abitanti gli offrivano per placarlo, due pecore al giorno e quando queste cominciarono a scarseggiare, offrirono una pecora e un giovane tirato a sorte. Un giorno fu estratta la giovane figlia del re, il quale terrorizzato dovette cedere e la giovane fanciulla piangente si avviò verso il grande stagno.
Passò proprio in quel frangente il giovane cavaliere Giorgio, il quale saputo dell’imminente sacrificio, tranquillizzò la principessa, promettendole il suo intervento per salvarla e quando il drago uscì dalle acque, sprizzando fuoco e fumo pestifero dalle narici, Giorgio non si spaventò, salì a cavallo e affrontandolo lo trafisse con la sua lancia, ferendolo e facendolo cadere a terra.
Poi disse alla fanciulla di non avere paura e di avvolgere la sua cintura al collo del drago; una volta fatto ciò, il drago prese a seguirla docilmente come un cagnolino, verso la città. Gli abitanti erano atterriti nel vedere il drago avvicinarsi, ma Giorgio li rassicurò dicendo che era stato mandato da Dio per liberarli dal mostro. Dopo la sua uccisione, il re e la popolazione si convertirono al cristianesimo.
La leggenda era sorta al tempo delle Crociate e narra, inoltre, che il cavaliere abbia colto la rosa nata dal sangue del drago sconfitto, per farne dono alla principessa appena salvata.
Simbolo di Cristo che sconfigge il male; altri vedono nella uccisione del drago la sconfitta dell’Islam, mentre Riccardo Cuor di Leone (1157-1199) invocò san Giorgio come protettore di tutti i combattenti; nel 1348, re Edoardo III istituì il celebre grido di battaglia “Saint George for England”, istituendo l’Ordine dei Cavalieri di San Giorgio o della Giarrettiera.
Il bene, dopo strenua lotta, vince sempre il male e salva il debole; la persona saggia, nelle scelte fondamentali della vita, non si lascia mai ingannare dalle apparenze, ma libera sempre la propria anima nell’accrescere la propria sapienza.

Il murales raffigurante due draghi in lotta tra loro, sono la rappresentazione concreta di quanto abbiamo osato affermare. L’artista ha inteso far convergere le due convinzioni nella maniera che solo l’ispirazione artistica riesce a produrre.
I colori dominanti sono tre: il bianco, il nero e il rosso fuoco.
Il bianco che rappresenta il bene e lo si può osservare nella parte alta dell’opera, quasi a voler determinare che il suo raggiungimento è il fine del vivere e la ricerca della bontà interiore. Da notare, credo volutamente da parte dell’artista, la somiglianza della nuvola bianca centrale all’immagine di un agnello, simbolo del sacrificio pasquale della religione cristiana, ma anche della purezza e della semplicità. Si notano anche delle figure angeliche su entrambi i lati.
Di contro, invece, nella parte inferiore caratterizzata dal colore nero, sempre nella parte centrale, emerge una figura mostruosa che incute paura e rappresenta certamente il male profondo contro cui l’uomo è costretto a lottare se vuole emergere. Nel male ogni cosa sembra essere irrecuperabile, proprio come quando ci si trova nelle difficoltà terrene. Anche le altre figure nere sono espressioni potenziali del male.
In ogni caso il bianco e il nero determinano, sia dal punto di vista logistico, che dal punto di vista del significante, un punto di incontro tra le diverse culture e concordano perfettamente con il disegno di un percorso di sofferenza per raggiungere il traguardo della bellezza interiore.
Va evidenziato il fatto che, sia il campo bianco che quello nero, apparentemente definito astrattamente, in realtà determinano visioni esplicative all’interno del concetto del bene e del male.
Il campo rosso centrale dell’opera, caratterizzato dal colore rosso, ridisegna la lotta continua tra il bene e il male, senza esclusione di colpi, a sostegno che l’uomo emerge solo e soltanto dalla sofferenza: una scuola di vita sempre operativa, in ogni circostanza, in ogni momento della vita. Il tutto è dominato dalla rappresentazione del sole che è calore e nuova vita al tempo stesso.
Una opera pregevole che si inserisce nella cultura occidentale e rafforza il concetto stesso della lotta per il bene, ricorrendo anche a visioni laiche, ma pur sempre in grado di suggerire la ricerca del bene, visto che il bene che l’uomo produce rappresenta il segno della devozione, della legalità e della giustizia in ogni tempo e in ogni fede.
Opera artistica di forte impatto i cui colori riescono a definirne il messaggio intrinseco, già di per sé! E non è poco vista la difficoltà del percorso che l’uomo deve compiere per ricercare il santo graal del bene e vincere il drago che è in lui.

Sava - Convento Frati Minori - 30.12.2011