Le celebrazioni per il 150 dell’Unità d’Italia vanno man mano risvegliando quei valori di solidarietà nazionale, impegno sociale per una patria unita e indivisa, ripensando la epopea risorgimentale per la conquista della libertà nazionale, passando pure attraverso il sacrificio delle due grandi guerre e fino alla dichiarazione della Costituzione italiana. Il tempo attuale pone, ha posto, seri interrogativi sulla questione, rendendola, da un lato, un beneficio ottenuto col sacrificio e, dall’altro, una necessità alla quale i politici prima, e i cittadini dopo, devono fare molta attenzione nella soluzione e gestione dei problemi della società contemporanea. Il rischio che si corre è sotto gli occhi di tutti, se non si riesce ad arginare un agire sconsiderato, come pure lo spirito di servizio alla nazione insensato: l’annichilimento della gente, per buona parte assuefatta agli ipnotici ingredienti della vita moderna e la risoluzione di massa che tracima e rovescia regimi forti come quella che gli storici stanno già chiamando la primavera dei popoli nordafricani, e non solo. Tutto lascia ormai pensare ad un falso dormiveglia collettivo, più che ad un sonno profondo, durante il quale gli altri possono fare di tutto per interesse di parte. L’era dei media, ma soprattutto l’era di internet e della posta elettronica, permette alle masse di rispondere alle chiamate in maniera quasi immediata con i risultati che ben conosciamo. Che cosa possa questo significare sembra sfuggirci ancora, ma di certo quasi nulla è più soggetto all’oblio, alla non conoscenza, alla non diffusione.
Ricostruire la storia del nostro tricolore significa anche ripercorrere le vicende storiche che hanno reso il vessillo un simbolo della nazione e del suo popolo uniti per sempre. La bandiera italiana rimane il sacro simbolo della nazione che custodisce un significato di enorme portata, lungi da quello pubblico delle sfilate sportive per la rete della vittoria della squadra del cuore che pur rappresenta uno spicchio della gloria di una nazione, ma soltanto uno spicchio, non la sola occasione per abbracciare il tricolore e portarlo avvolto al collo; il tricolore dovrebbe essere avvolto al collo di ogni cittadino, sempre, specialmente quando si è chiamati a servire la pubblica amministrazione.
L’art. 12 della Costituzione italiana sancisce che “la Bandiera della Repubblica è il tricolore verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguale dimensione”. Il tricolore italiano, secondo gli storici, rimane una riedizione del vessillo francese, ma quale è la vera origine?
Le idee della Rivoluzione francese di libertà, fraternità e di uguaglianza erano fortemente penetrate nella nostra penisola, sconvolgendo il vecchio regime (o la vecchia frammentazione) e ponendo le basi per una rinascita nazionale. Questi tre ideali, ancor oggi, rimangono pregni di contenuti e di valori che continuamente si irrobustiscono per via proprio del passare del tempo e delle difficoltà altre alle quali è sottomesso l’uomo moderno.
La prima ad insorgere fu Reggio Emilia contro il Duca di Modena; seguì Bologna e Ferrara, costituendo la prima federazione che, Napoleone consenziente, si trasformò in Repubblica Cispadana. Questo è il motivo per cui la Sala del Tricolore si trova nel Municipio di Reggio Emilia. La prima bandiera, su proposta del deputato Giuseppe Compagnoni, aveva si i tre colori di oggi, ma conteneva un turcasso (faretra) con quattro frecce (circondato da un serto di alloro e ornato da un trofeo di armi) nel campo bianco ad indicare la indivisibilità. Era il 7gennaio 1797, giorno che decretò la nascita del tricolore italiano che inneggiava alla indipendenza, alla libertà e alla democrazia dello Stato repubblicano; giorno che oggi viene dedicato all’onore della bandiera. Va ricordato che qualche mese prima, a Milano, l’Amministrazione lombarda aveva consegnato alla Milizia urbana, che vestiva di bianco e di verde, uno stendardo simile con riportati altri simboli, tra cui la livella massonica simbolo della uguaglianza e della equità (berretto frigio e gli stili di Bruto); il collegamento lo lasciamo agli studiosi, della storia e dell’uomo coraggioso, per non rischiare una personale interpretazione dei fatti. Napoleone, a seguito della annessione di Cremona, Bergamo, il 29 giugno 1797, fonde la Cispadana (ex Ducato di Milano) con la Cisalpina, con circa 3,5 milioni di persone che vengono uniti sotto lo stesso tricolore, senza alcuna aggiunzione e con il verde vicino all’asta.
Il territorio della repubblica nella sua massima estensione era formato dal vecchio Ducato di Milano (ex Repubblica Traspadana), dal Ducato di Modena e Reggio, da Bologna, Ferrara e Ravenna (ex Legazioni Pontificie), dal Ducato di Massa e Carrara, dal territorio di Mantova e dai territori veneti compresi tra l'Adda e l'Adige, tra cui Verona e Rovigo, e dalla Valtellina. Lo Stato nel 1797 si estendeva su una superficie di 42.500 km², suddivisa in 20 dipartimenti. La capitale era Milano, in quanto centro più importante e popoloso (circa 124.000 abitanti nel 1765). Il paese era economicamente prospero, malgrado le depredazioni dei secoli passati operate dagli occupanti, e si basava su un'agricoltura di tipo cerealicolo con forti presenze nella sericoltura e nella zootecnica, l'attività artigianale tradizionale era solida. L'Austria riconobbe la nuova entità con il Trattato di Campoformio il 17 ottobre del medesimo anno ottenendo in cambio la Repubblica Veneta, nata il 29 giugno 1797 sulle ceneri della Repubblica di Venezia.
Le Repubbliche sorte a Genova, Roma e Napoli, per volere di Napoleone, non potendosi fondere con la Repubblica Cisalpina, adottarono altri vessilli.
Soltanto alla fine del 1801, Napoleone, di ritorno dall’Egitto e dopo aver ripristinato l’ordine per effetto di una ulteriore invasione austriaca dell’Italia, convoca i 54 deputati cisalpini e forma la Repubblica Italiana, mettendosi egli stesso a capo e annettendo il Piemonte alla Francia.
Il Tricolore: perché? Perché i tre colori rappresentavano i principi della Rivoluzione francese. Ispirarsi a quei principi significava scegliere tre colori a bande larghe. Il rosso italiano ha diverse origini; la prima vuole l’aggiunta alla divisa della milizia lombarda di una banda rossa e di un pennacchio tricolore; la seconda vuole simboleggiare il sacrificio degli italiani. Non manca il simbolismo carbonaro che vede nel fuoco la forza rigeneratrice. Non manca neppure l’accostamento alle virtù teologali di fede, speranza e carità; al Verde come il colore delle nostre pianure, al Bianco come al colore delle nevi delle Alpi e degli Appennini, al Rosso come al sangue versato dai nostri compatrioti per l'unione della nostra terra. Il colore nazionale dell'Italia è invece l'azzurro (derivato dal blu di casa Savoia, a sua volta frutto di una antica dedica alla Madonna), il quale campeggia parallelamente alla bandiera in eventi militari, sportivi ed istituzionali.
La bandiera rimane la stessa anche quando la Repubblica si trasforma in regno nel 1805 e Bonaparte diviene Re d’Italia. La bandiera del regno d’Italia si trova ora nel Museo Risorgimentale di Milano. Caduto Napoleone, gli austriaci tornano in Italia e di nuovo tornò a sventolare il vessillo bianco e rosso asburgico sia su Milano che su Venezia, annesse all’Austria. Gli ideali continuarono a fiorire dalle ceneri del tricolore, bruciato per non cadere nelle mani nemiche, e il tricolore rimase il simbolo delle Società segrete, dalle quali doveva rinascere la nazione. La bandiera della Giovane Italia riportava, da un lato, le parole: libertà, uguaglianza e umanità; dall’altra: Unità indipendenza. Il tricolore continua a sventolare durante i moti del 21 e 21, del 31 e del 43 e 44. Nel 1848 Carlo Alberto sceglie il tricolore, affermando che: “Per meglio dimostrare con sentimenti esteriori il sentimento dell’unione dell’Italia, vogliamo che le nostre truppe, entrando nel territorio della Lombardia e della Venezia, portino lo scudo dei Savoia sovrapposto alla bandiera italiana.” Non fu facile uniformare il tricolore per tutte le truppe, ma il tricolore, mai rinnegato, rimase e rimane l’emblema dell’Italia, confermato dall’Assemblea costituente della repubblica italiana, eletta il 2 giugno 1946. Ebbero ragione a Parma dove, nella sala del tricolore, una lapide riporta la scritta: “Qui nacque per sempre!”
“Se voi volete andare in pellegrinaggio nei luoghi dove è nata la Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate li, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.” Piero Calamandrei – Discorso ai giovani di Milano del 1955.
Quando passai di ruolo, nel lontano 1979, prestai solenne giuramento di fedeltà alla Repubblica, promettendo lealtà, amore e servizio alla Patria, nel ricordo del sacrificio di quanti hanno dato la vita per donarcene un’altra. Per molti anni il giuramento non è stato più osservato.
Il Ministro Brunetta, a suo merito, con un proprio decreto collegato alla Finanziaria: "Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche", collegato alla manovra finanziaria per gli anni 2010-2013, al Titolo II, primo punto, reintroduce il – Giuramento dei Dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni: al momento della assunzione in servizio di ruolo, tutti i dipendenti pubblici, a pena di licenziamento, devono prestare giuramento di fedeltà alla Repubblica e di leale osservanza della Costituzione e delle leggi. Il giuramento serve a rafforzare la coscienza civile del Paese ed a valorizzare la figura del dipendente pubblico, il quale è chiamato ad adempiere ai doveri del proprio ufficio nell'interesse dell'Amministrazione e per il pubblico bene.
Dal 12.11.2009 il giuramento è stato, così, reintrodotto. Quella mattina, quando una collaboratrice scolastica ha giurato nelle mie mani, ha solennemente pronunciato, tenendo in una mano il lembo del tricolore e l’altra sul petto, le seguenti parole: "Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana,di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi, riconoscendo la pari dignità sociale di tutte le persone." Quel giorno la emozione ha illuminato il volto dei presenti, me compreso per avere avuto l’onore di far continuare l’ideale di servizio e di fedeltà alla nazione. Avverti così che la difesa, il servizio, la dignità del lavoro, la fiducia in te riposte sono e diventano un tutt’uno per far vivere la grande famiglia italiana, la grande nazione che è stata, la grande tradizione storica, culturale, artistica, giuridica che è stata e rimane in una cornice naturale che non ha paragoni al mondo; soprattutto avverti un senso di responsabilità in quanto il tuo servizio, pur minimo, partecipa a rafforzare la necessaria identità nazionale.
Shakespeare diceva, parlando della sua Inghilterra: “Questa pietra preziosa posta in un mare d’argento”, Noi potremmo dire lo stesso di questa luminosa distesa che irradia il Mediterraneo e il mondo intero, dove le luci rimangono stelle, che non si spengono nemmeno con i temporali, per abbellire l’eternità. Viene spontaneo inchinarsi di fronte agli scrittori e poeti, artisti e scultori, scienziati e giuristi, condottieri e pensatori che hanno, in silenzio e con poche forze, rimesso insieme i cocci di una terra vilipesa e sbriciolata, divisa e comandata da più genti perché, forse, non la si voleva grande dentro come, purtroppo, è sempre stata, a parte il male nero che vorremmo non vedere più. Quegli uomini, la cui forza interiore continua a offrirci benefici, devono rappresentare, sempre, la forza unica di rinascita e di costituzione di una identità nazionale. Per fortuna molti se ne stanno rendendo conto e cominciano a non avere più remore di vedere in loro i veri protagonisti della nostra storia: silenziosi martiri, ferventi nazionalisti, difensori della nazione e della legge. I cittadini devono sentire forte il bisogno di affermare il principio della inviolabilità dell’Unità di Patria e adoperarsi affinché la concezione dello Stato si identifichi con quella della Patria, che determina l’appartenenza e la cittadinanza attiva e vigile. Viva l’Italia!
Ricostruire la storia del nostro tricolore significa anche ripercorrere le vicende storiche che hanno reso il vessillo un simbolo della nazione e del suo popolo uniti per sempre. La bandiera italiana rimane il sacro simbolo della nazione che custodisce un significato di enorme portata, lungi da quello pubblico delle sfilate sportive per la rete della vittoria della squadra del cuore che pur rappresenta uno spicchio della gloria di una nazione, ma soltanto uno spicchio, non la sola occasione per abbracciare il tricolore e portarlo avvolto al collo; il tricolore dovrebbe essere avvolto al collo di ogni cittadino, sempre, specialmente quando si è chiamati a servire la pubblica amministrazione.
L’art. 12 della Costituzione italiana sancisce che “la Bandiera della Repubblica è il tricolore verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguale dimensione”. Il tricolore italiano, secondo gli storici, rimane una riedizione del vessillo francese, ma quale è la vera origine?
Le idee della Rivoluzione francese di libertà, fraternità e di uguaglianza erano fortemente penetrate nella nostra penisola, sconvolgendo il vecchio regime (o la vecchia frammentazione) e ponendo le basi per una rinascita nazionale. Questi tre ideali, ancor oggi, rimangono pregni di contenuti e di valori che continuamente si irrobustiscono per via proprio del passare del tempo e delle difficoltà altre alle quali è sottomesso l’uomo moderno.
La prima ad insorgere fu Reggio Emilia contro il Duca di Modena; seguì Bologna e Ferrara, costituendo la prima federazione che, Napoleone consenziente, si trasformò in Repubblica Cispadana. Questo è il motivo per cui la Sala del Tricolore si trova nel Municipio di Reggio Emilia. La prima bandiera, su proposta del deputato Giuseppe Compagnoni, aveva si i tre colori di oggi, ma conteneva un turcasso (faretra) con quattro frecce (circondato da un serto di alloro e ornato da un trofeo di armi) nel campo bianco ad indicare la indivisibilità. Era il 7gennaio 1797, giorno che decretò la nascita del tricolore italiano che inneggiava alla indipendenza, alla libertà e alla democrazia dello Stato repubblicano; giorno che oggi viene dedicato all’onore della bandiera. Va ricordato che qualche mese prima, a Milano, l’Amministrazione lombarda aveva consegnato alla Milizia urbana, che vestiva di bianco e di verde, uno stendardo simile con riportati altri simboli, tra cui la livella massonica simbolo della uguaglianza e della equità (berretto frigio e gli stili di Bruto); il collegamento lo lasciamo agli studiosi, della storia e dell’uomo coraggioso, per non rischiare una personale interpretazione dei fatti. Napoleone, a seguito della annessione di Cremona, Bergamo, il 29 giugno 1797, fonde la Cispadana (ex Ducato di Milano) con la Cisalpina, con circa 3,5 milioni di persone che vengono uniti sotto lo stesso tricolore, senza alcuna aggiunzione e con il verde vicino all’asta.
Il territorio della repubblica nella sua massima estensione era formato dal vecchio Ducato di Milano (ex Repubblica Traspadana), dal Ducato di Modena e Reggio, da Bologna, Ferrara e Ravenna (ex Legazioni Pontificie), dal Ducato di Massa e Carrara, dal territorio di Mantova e dai territori veneti compresi tra l'Adda e l'Adige, tra cui Verona e Rovigo, e dalla Valtellina. Lo Stato nel 1797 si estendeva su una superficie di 42.500 km², suddivisa in 20 dipartimenti. La capitale era Milano, in quanto centro più importante e popoloso (circa 124.000 abitanti nel 1765). Il paese era economicamente prospero, malgrado le depredazioni dei secoli passati operate dagli occupanti, e si basava su un'agricoltura di tipo cerealicolo con forti presenze nella sericoltura e nella zootecnica, l'attività artigianale tradizionale era solida. L'Austria riconobbe la nuova entità con il Trattato di Campoformio il 17 ottobre del medesimo anno ottenendo in cambio la Repubblica Veneta, nata il 29 giugno 1797 sulle ceneri della Repubblica di Venezia.
Le Repubbliche sorte a Genova, Roma e Napoli, per volere di Napoleone, non potendosi fondere con la Repubblica Cisalpina, adottarono altri vessilli.
Soltanto alla fine del 1801, Napoleone, di ritorno dall’Egitto e dopo aver ripristinato l’ordine per effetto di una ulteriore invasione austriaca dell’Italia, convoca i 54 deputati cisalpini e forma la Repubblica Italiana, mettendosi egli stesso a capo e annettendo il Piemonte alla Francia.
Il Tricolore: perché? Perché i tre colori rappresentavano i principi della Rivoluzione francese. Ispirarsi a quei principi significava scegliere tre colori a bande larghe. Il rosso italiano ha diverse origini; la prima vuole l’aggiunta alla divisa della milizia lombarda di una banda rossa e di un pennacchio tricolore; la seconda vuole simboleggiare il sacrificio degli italiani. Non manca il simbolismo carbonaro che vede nel fuoco la forza rigeneratrice. Non manca neppure l’accostamento alle virtù teologali di fede, speranza e carità; al Verde come il colore delle nostre pianure, al Bianco come al colore delle nevi delle Alpi e degli Appennini, al Rosso come al sangue versato dai nostri compatrioti per l'unione della nostra terra. Il colore nazionale dell'Italia è invece l'azzurro (derivato dal blu di casa Savoia, a sua volta frutto di una antica dedica alla Madonna), il quale campeggia parallelamente alla bandiera in eventi militari, sportivi ed istituzionali.
La bandiera rimane la stessa anche quando la Repubblica si trasforma in regno nel 1805 e Bonaparte diviene Re d’Italia. La bandiera del regno d’Italia si trova ora nel Museo Risorgimentale di Milano. Caduto Napoleone, gli austriaci tornano in Italia e di nuovo tornò a sventolare il vessillo bianco e rosso asburgico sia su Milano che su Venezia, annesse all’Austria. Gli ideali continuarono a fiorire dalle ceneri del tricolore, bruciato per non cadere nelle mani nemiche, e il tricolore rimase il simbolo delle Società segrete, dalle quali doveva rinascere la nazione. La bandiera della Giovane Italia riportava, da un lato, le parole: libertà, uguaglianza e umanità; dall’altra: Unità indipendenza. Il tricolore continua a sventolare durante i moti del 21 e 21, del 31 e del 43 e 44. Nel 1848 Carlo Alberto sceglie il tricolore, affermando che: “Per meglio dimostrare con sentimenti esteriori il sentimento dell’unione dell’Italia, vogliamo che le nostre truppe, entrando nel territorio della Lombardia e della Venezia, portino lo scudo dei Savoia sovrapposto alla bandiera italiana.” Non fu facile uniformare il tricolore per tutte le truppe, ma il tricolore, mai rinnegato, rimase e rimane l’emblema dell’Italia, confermato dall’Assemblea costituente della repubblica italiana, eletta il 2 giugno 1946. Ebbero ragione a Parma dove, nella sala del tricolore, una lapide riporta la scritta: “Qui nacque per sempre!”
“Se voi volete andare in pellegrinaggio nei luoghi dove è nata la Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate li, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.” Piero Calamandrei – Discorso ai giovani di Milano del 1955.
Quando passai di ruolo, nel lontano 1979, prestai solenne giuramento di fedeltà alla Repubblica, promettendo lealtà, amore e servizio alla Patria, nel ricordo del sacrificio di quanti hanno dato la vita per donarcene un’altra. Per molti anni il giuramento non è stato più osservato.
Il Ministro Brunetta, a suo merito, con un proprio decreto collegato alla Finanziaria: "Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche", collegato alla manovra finanziaria per gli anni 2010-2013, al Titolo II, primo punto, reintroduce il – Giuramento dei Dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni: al momento della assunzione in servizio di ruolo, tutti i dipendenti pubblici, a pena di licenziamento, devono prestare giuramento di fedeltà alla Repubblica e di leale osservanza della Costituzione e delle leggi. Il giuramento serve a rafforzare la coscienza civile del Paese ed a valorizzare la figura del dipendente pubblico, il quale è chiamato ad adempiere ai doveri del proprio ufficio nell'interesse dell'Amministrazione e per il pubblico bene.
Dal 12.11.2009 il giuramento è stato, così, reintrodotto. Quella mattina, quando una collaboratrice scolastica ha giurato nelle mie mani, ha solennemente pronunciato, tenendo in una mano il lembo del tricolore e l’altra sul petto, le seguenti parole: "Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana,di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi, riconoscendo la pari dignità sociale di tutte le persone." Quel giorno la emozione ha illuminato il volto dei presenti, me compreso per avere avuto l’onore di far continuare l’ideale di servizio e di fedeltà alla nazione. Avverti così che la difesa, il servizio, la dignità del lavoro, la fiducia in te riposte sono e diventano un tutt’uno per far vivere la grande famiglia italiana, la grande nazione che è stata, la grande tradizione storica, culturale, artistica, giuridica che è stata e rimane in una cornice naturale che non ha paragoni al mondo; soprattutto avverti un senso di responsabilità in quanto il tuo servizio, pur minimo, partecipa a rafforzare la necessaria identità nazionale.
Shakespeare diceva, parlando della sua Inghilterra: “Questa pietra preziosa posta in un mare d’argento”, Noi potremmo dire lo stesso di questa luminosa distesa che irradia il Mediterraneo e il mondo intero, dove le luci rimangono stelle, che non si spengono nemmeno con i temporali, per abbellire l’eternità. Viene spontaneo inchinarsi di fronte agli scrittori e poeti, artisti e scultori, scienziati e giuristi, condottieri e pensatori che hanno, in silenzio e con poche forze, rimesso insieme i cocci di una terra vilipesa e sbriciolata, divisa e comandata da più genti perché, forse, non la si voleva grande dentro come, purtroppo, è sempre stata, a parte il male nero che vorremmo non vedere più. Quegli uomini, la cui forza interiore continua a offrirci benefici, devono rappresentare, sempre, la forza unica di rinascita e di costituzione di una identità nazionale. Per fortuna molti se ne stanno rendendo conto e cominciano a non avere più remore di vedere in loro i veri protagonisti della nostra storia: silenziosi martiri, ferventi nazionalisti, difensori della nazione e della legge. I cittadini devono sentire forte il bisogno di affermare il principio della inviolabilità dell’Unità di Patria e adoperarsi affinché la concezione dello Stato si identifichi con quella della Patria, che determina l’appartenenza e la cittadinanza attiva e vigile. Viva l’Italia!
1 commento:
CIAO ANGELO TI GIUNGA IL MIO SALUTO FRATERNO A TE CHE CI GUARDI DAL CIELO!!!
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