Mi piace, ma questo è sempre più evento raro, registrare quando qualcuno riesce a fare critica, a commentare, a riflettere, a donare dei personali punti di vista, dettati dalla libertà di pensiero e dalla ragionevolezza. Molto spesso si tratta di grida di allarme, purtroppo, oppure della consapevolezza che la questione è rovinata del tutto.
Per comprendere le verità occorrono le diversità, tanto tutto è ormai inquadrato e privo di autonomia operativa. Non possiamo sottrarci dall’interagire con la società, anche quella in difficoltà, come quella dei giovani: gli adulti di domani. Emergono sempre più diffusamente episodi di bullismo, di mobbing e quindi di dispersione scolastica e civile. Il dubbio che sorge è se tutto questo non sia il risultato di una governance non adeguata, di una mission non sentita, di un accountability (bilancio sociale) non accertata. Le cose non degenerano da sole, tanto meno all’improvviso!
Ci si chiede spesso: “ Ma i giovani, dove stanno andando?”
Molti dicono che si muovono e che sono in cammino; tanti dicono che sono fermi; altri dicono che sono stati cacciati da casa, o meglio estromessi da qualsiasi attività sociale, politica, associativa, culturale, imprenditoriale, forse anche religiosa. Però sanno fare tante altre cose (ma molti possono essere veramente bravi) che non sempre sono gradite agli adulti.
Ho sentito alcuni giovani parlare di politica. Sono distanti, e sentono distanti gli stessi politici. Un abbandono o un disinteresse? I nostri giovani hanno poche possibilità di realizzarsi, di riuscire ad ottenere persino un posto di lavoro. Qualcuno è anche felice quando riesce a guadagnare 500 euro al mese per comprarsi il nuovo cellulare, fare benzina e recarsi in discoteca. Ma è anche vero che non potranno mai sposarsi, avere una famiglia, crescere dei figli. Il dubbio per il loro futuro è forte, e in questo gli adulti non possono non sentirsi responsabili. La politica non può continuare a non considerarli, demandando alla scuola ogni possibile soluzione e trascurando una intera generazione.
Una società si evolve, cambia, si trasforma, ma non possiamo permettere che si ribalti del tutto, magari a favore di chi decide di venire a vivere in Italia, magari anche da clandestino. Ma questa è storia diffusa, sia se si parla di immigrazioni che di emigrazione, specialmente in materia di artigianato e di industria manifatturiera. Si produce altrove ciò che un tempo era di origine italiana.
Il rischio che questa situazione possa ritorcersi contro di noi tutti è davvero dietro l’angolo, ad un passo da noi, ad un secondo di distanza. Ad osservarli si rimane disarmati perchè non hanno parole, non si rendono conto della gravità della situazione in cui vivono e continuano a vivere. Sono, molto spesso, alle prese con problemi più grandi di loro che noi adulti, forse, non abbiamo mai incontrato e conosciuto. Si prova un senso di rabbia nel vedere barattata la ricerca di una vita con l’agire diverso dei nostri giovani. Sembra di assistere ad un saccheggio dell’anima collettiva.
Si vive nel gruppo! Lo si ricerca e si vuole appartenere a tutti i costi. Il gruppo ha una valenza ben superiore all’amico del cuore di una volta, al fidanzatino, all’amicizia, forse anche alla famiglia. Vedo giovani tristi e arrabbiati perché vittime di esclusioni dai gruppi, vittime della derisione, vittime della solitudine, vittime della nostra incuria di adulti.
Vanno difesi, questi giovani, e vanno ricondotti verso sentieri razionali e di autonomia di pensiero. Non possono essere considerati massa che consuma a beneficio di poche persone, ma a danno della generazione prossima, ma anche delle famiglie e della società tutta che finirà col trovarsi senza cittadini.
Da un lato la realtà amara dei balordi e degli insensibili, dall’altro la difficoltà esistenziale, sfiduciata e sfilacciata, di chi ha contribuito, pur tra mille difficoltà, alla creazione della moderna civiltà italiana.
Angelo Scialpi
"Corriere del Giorno"