
Rimangono tante domande altre, ma quella sulla intolleranza e sulla ricerca affannosa della prevaricazione, ti lascia davvero esterrefatto, inorridito e senza la forza di cercare una spiegazione altra, nemmeno la più semplice spiegazione, nonostante appare evidente la difficoltà intellettuale, la sapienza stessa che alberga altrove: rimane solo la forza di attaccare, di uccidere, di abusare andando a creare ulteriori danni sociali e umani, individuali e collettivi. Ognuno si sente di essere il dominatore del mondo che, a sua volta, è dominato da coloro che vivono in silenzio, da coloro che aiutano i bisognosi, da coloro che preparano quelli che ci succederanno. C'è tanta speranza nel legislatore che fa appello alla riflessione, alla considerazione di quanto danno è stato compiuto all’altro fratello, ma soprattutto di quanto se ne potrebbe evitare.
Stiamo ricordando l'eccidio delle foibe, risultato, anche questo, di odio razziale, di intolleranza, come tanti altri, mentre abbiamo bisogno di essere più tolleranti e più solidali. In questi giorni abbiamo avviato le procedure per far sostenere il test di conoscenza della lingua italiana per il permesso di lungo soggiorno agli immigrati. Non ho parole per esprimere quanta tenerezza era spalmata sui volti di quelle prime persone che sono accorse, timorose e impaurite, a dimostrare che stanno imparando la lingua italiana, che stanno conoscendo la nostra terra, che stanno imparando a rispettare le leggi della nostra nazione... che stanno iniziando a divenire nostri concittadini. La visione di quelle persone mi ha conferito un senso di nuova gioia di vivere, ma anche di un amore che è ricchezza, solo e soltanto ricchezza per una nazione che pur ha bisogno di quelle persone, come di tante altre, e che abbiamo il dovere di aiutare, comunque. Mi ha colpito la candidata premurosa, poi quella paurosa, e quella timida e quella felice di vedere la istituzione scolastica in suo soccorso; mi ha colpito una coppia di anziani che parlavano e distribuivano amore per la vita e dedizione agli altri: una sorta di Bauci e Filemone: sono entrati e usciti insieme senza parlare e con rispetto…
Ma come si fa a non tendere una mano amica a persone che non sono venute per aggredire i nostri costumi o infoltire le bande della malavita, della prostituzione e della perversa sessualità, ma per aiutarci avendo scelto di continuare a vivere tra noi e con noi e scegliendo anche di migliorarsi. Certo altri vanno controllati e invitati a togliere il disturbo, in un modo o nell'altro, ma secondo giustizia e rispetto di tutti.
Le foibe! Le foibe sono degli inghiottitoi di origine carsica dove furono gettati migliaia di cittadini italiani di Istria, Venezia Giulia e Dalmazia durante e subito dopo la seconda guerra mondiale da parte dell’esercito popolare di liberazione jugoslavo. Si parla di un numero che va da 15 alle 30 mila persone, una sorta di pulizia etnica. Per capire la questione non bisogna essere influenzati dalle tesi di parte, quella fascista e quella comunista, ma cercare di capirne i motivi e con essi l’agire degli uomini.

Come non pensare a quei fatti di cronaca nera della contemporaneità che vedono, proprio nei pozzi, inadeguata sepoltura per esseri innocenti; come non pensare a quelle case di cartone che si possono trasfore in forni crematori.
Furono poche le persone che riuscirono a salvarsi risalendo dalle foibe, tra questi Graziano Udovisi, che ha raccontato la tragica esperienza a storici e/o emittenti televisive per la conoscenza di tutti.
« … dopo giorni di dura prigionia, durante i quali fummo spesso selvaggiamente percossi e patimmo la fame, una mattina, prima dell'alba, sentii uno dei nostri aguzzini dire agli altri "facciamo presto, perché si parte subito". Infatti poco dopo fummo condotti in sei, legati insieme con un unico filo di ferro, oltre a quello che ci teneva avvinte le mani dietro la schiena, in direzione di Arsia. Indossavamo i soli pantaloni e ai piedi avevamo solo le calze. Un chilometro di cammino e ci fermammo ai piedi di una collinetta dove, mediante un filo di ferro, ci fu appeso alle mani legate un masso di almeno 20 k. Fummo sospinti verso l'orlo di una foiba, la cui gola si apriva paurosamente nera. Uno di noi, mezzo istupidito per le sevizie subite, si gettò urlando nel vuoto, di propria iniziativa. Un partigiano allora, in piedi col mitra puntato su di una roccia laterale, c'impose di seguirne l'esempio. Poiché non mi muovevo, mi sparò contro. Ma a questo punto accadde il prodigio: il proiettile anziché ferirmi spezzò il filo di ferro che teneva legata la pietra, cosicché, quando mi gettai nella foiba, il masso era rotolato lontano da me. La cavità aveva una larghezza di circa 10 m. e una profondità di 15 sino alla superficie dell'acqua che stagnava sul fondo. Cadendo non toccai fondo e tornato a galla potei nascondermi sotto una roccia. Subito dopo vidi precipitare altri quattro compagni colpiti da raffiche di mitra e percepii le parole "un'altra volta li butteremo di qua, è più comodo", pronunciate da uno degli assassini. Poco dopo fu gettata nella cavità una bomba che scoppiò sott'acqua schiacciandomi con la pressione dell'aria contro la roccia. Verso sera riuscii ad arrampicarmi per la parete scoscesa e guadagnare la campagna, dove rimasi per quattro giorni e quattro notti consecutive, celato in una buca. Tornato nascostamente al mio paese, per tema di ricadere nelle grinfie dei miei persecutori, fuggii a Pola. E solo allora potei dire di essere veramente salvo.»

Le cause di questo eccidio (la nota che segue vuole solo essere una sintesi storica di informazione generale) sono da ricercare nella contrapposizione nazionale ed etnica fra sloveni e croati da una parte e italiani dall'altra, causata dall'imporsi del concetto di nazionalità; dagli opposti irredentismi, per cui i territori mistilingue della Dalmazia e dell'allora Litorale austriaco dovevano appartenere, in esclusiva, all'uno o all'altro ambito nazionale, e quindi all'uno o all'altro stato; dalle conseguenze della prima guerra mondiale, con una fortissima battaglia diplomatica per la definizione dei confini fra il Regno d'Italia e il neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni e le conseguenti tensioni etniche, che portarono a disordini locali e compressioni delle rispettive minoranze fin dal primo dopoguerra; dal ventennio fascista; dalla seconda guerra mondiale, che conobbe nel teatro jugoslavo-balcanico uno dei fronti più complessi e violenti.
“Il movente politico fu l’annessione della Venezia Giulia alla Iugoslavia e l'avvento di un governo comunista per cui fu abituale l'equazione: italiano = fascista.
Tale lotta si inserisce all'interno di un fenomeno più ampio che fu legato all'affermarsi degli Stati nazionali in territori etnicamente misti, con decine di milioni di persone coinvolte nei conseguenti processi di assimilazione od emigrazione forzata, che provocarono milioni di vittime. Basta ricordare il Genocidio Armeno, il drammatico scambio di popolazioni tra Grecia e Turchia e l'esodo dei tedeschi dall'Europa orientale.

Un invito alla riflessione, a parte la breve nota storica che vuole solo suscitare la curiosità di conoscere meglio la storia recente della nostra nazione, non soltanto in quanto stiamo celebrando il 150 della UniItalia, ma per una maggiore consapevolezza di quanto hanno vissuto le generazioni che ci ha preceduto ed evitare, almeno cercare, di ricadere negli stessi errori e ripetere gli stessi orrori. La ricerca ultriore è lasciata alla libertà di ognuno.