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... ciao bà ...

giovedì 18 febbraio 2010

Io canto!

Nel momento in cui sembra di non riuscire a vedere nulla, a trovare niente, a non ascoltare nessuno, se non continue miserie frutto della arroganza, della presunzione e della ignoranza assurte al potere, ecco che qualche coraggioso ci presenta i frutti semplici della ricerca, del possibile divenire, della sviluppo dell’uomo, sempre e in ogni età, se soltanto si avesse la forza di farlo emergere. Questa volta, voilà, il business ha fatto la sua parte ed ha sostenuto il nascosto, quanto è sotto la polvere dei nostri giorni, per farlo emergere forte e dirompente nella sua vera natura.

In passato qualche altro ha avuto la felice idea di presentarci dei piccoli geni, poi andata svanita o, almeno, non fatta assurgere a modello ed a riferimento. Chissà! Forse perché i talenti diversi dalla musica non fanno audience? Forse perché la sede televisiva è luogo per la popolarità? Forse entrambe le cose, di certo pare emergere forte, alla luce degli ultimi eventi televisivi, che dai piccolissimi proviene tanta e tanta forza umana mescolata a talenti e saperi.

Ci sarebbe da arrossire se, invece di avere idiozie insistentemente in onda, avessimo valori, diversità, saperi, forza creatrice di una vita non relegata ad una esigua minoranza sotto silenzio, ma ad una minoranza valoriale e diffusa, se, soltanto, potessimo avere continuamente dei continui riferimenti e non soltanto dei piccoli saggi.

In questo senso sento di poter affermare fortemente che il valore della istruzione è ormai generalizzata al tempo d’oggi e non può essere relegata alla sola permanenza in classe. Uno dei motivi del crollo del sapere diffuso di base è proprio la perdita del primato della classe, anche se rimane la palestra principale verso la quale far convergere molta altra istruzione diversa. Non si può, comunque, non tener conto della evoluzione della società!

Stiamo preparandoci tutti (per generalizzare) all’evento musicale della città dei fiori che andrebbe riportato nel suo vecchio e semplice alveo. Tutti i concorsi hanno un senso solo e soltanto se riescono a tastare il polso dell’andamento di questa o di quella produzione, sia essa di pensiero che di musica, o di arte, come attestano i grandi eventi sportivi.

Allora! Erano tutti attoniti, meravigliati, molto sorpresi per la professionalità, per la spigliatezza, per la voce matura, non più nemmeno utilizzabile per una edizione dello Zecchino d’oro, ma già per le grandi piazze, e teatri, e arene. Una esplosione di gioia di vivere e di ascoltare. Una grande sorpresa per quanti ci hanno fatto vivere anni di obbligato ascolto e, anche quando la voce non cantava più, siamo stati costretti a sorridere, ma solo pensando al nostro passato e ai nostri ricordi. Questi nostri splendidi ragazzi sono la continuità che sembrava essersi arrestata!

In questi casi non sappiamo chi ringraziare davvero, se l’apporto indiretto dello stesso business o la ricerca dell’uomo che, come in questo caso, possa dirsi essere la continuità eterna della creazione di Dio.

Arrossisca l’adulto di fronte a tanta semplicità e naturalezza, ma arrossisca soprattutto di fronte al talento ancora acerbo, ma foriero di bellezza, e di fronte alla umiltà adulta di un bimbo che sa muoversi, cantare, esibirsi, dialogare ed attrarre benevolmente il consenso degli ascoltatori, grazie a quella straordinaria e delicata comunicazione televisiva che porta ovunque la sua ricerca, come le sue inutilità.

In questo coraggioso assieme può anche leggersi un sentiero nuovo da percorrere per ricercare la forza dell’ammirazione, della solidarietà e del vivere assieme e tra la gente; in particolare si può ritrovare il senso della responsabilità nel riferirsi alle altre persone e nella stessa gestione delle istituzioni e della cosa pubblica. E’ fierezza sapere di avere in casa simili persone; è orgoglio di vivere, ma anche di appartenere ad una nazione che ha idee e persone.

La speranza che questi valori di cuccioli d’uomo non siano colti da tempeste mediatiche e curiosità dannose, ma siano custoditi e tenuti a dimora per non perdere la grande occasione del buon raccolto, divenga realtà incontaminata.

Quando si constata che il seme è buono e non trattato con additivi chimici, non ci sarà nemmeno bisogno di andare a blaterare se quel medicinale è stato preso per performance o per pessimo esempio di vita.

Questi ragazzi, adeguatamente guidati, possono ben essere esempi da ascoltare, seguire e magari imitare, per nostra fortuna e dei tanti ragazzi che potranno trarre da loro benefici. Pensate che cosa potrebbe accadere se riuscissimo a tirar fuori i talenti nascosti di altre discipline!

La forza dell’uomo non è mai stata l’età, ma il suo adeguarsi al tempo che vive e la comprensione che riesce ad avere di esso; il tempo stesso contiene la perennità in divenire dove ogni essere buono non è che un segmento sulla cui retta ognuno percorre il proprio cammino di vita.

sabato 13 febbraio 2010

La sempre attuale questione morale

Platone guardava all’esempio del pitagorico Archita da Taranto

L’agire dell’uomo si fonda su pochi principi: morale ed etica. Per la definizione, sia pure parziale, di questi valori (che non sono i soli necessari per vivere correttamente) necessitano altre virtù, come la istruzione e il riguardo per l’uomo.

La generazione del dopo guerra ha tratto il massimo insegnamento dai nefasti giorni di non democrazia e, ancor prima, di mancanza di unità nazionale. Sempre, la politica ha dovuto fare i conti con la morale, e quindi con l’etica, per avviare la riconsiderazione dell’uomo in termini di società e di nazionalità. I giovani del dopo guerra hanno capito bene la lezione del passato e, quando è stato possibile, in molti (poi in tanti) hanno raggiunto il massimo grado di istruzione conferendo esaltazione alla democrazia nel momento in cui il figlio dell’operaio diventava dottore. Quella esaltazione è durata poco, forse alcuni anni, al massimo un decennio, durante i quali la società andava arricchendosi di laureati e quindi avviava il progresso degli anni a venire.

Oggi quel sistema non regge più: segno evidente di una contrazione dell’agire secondo giusta causa e di una diffusa degradazione dei sistemi che non vedono più nella qualità il loro motivo di esistere, ma fanno della quantità un punto di arrivo per mire personali e per occupazione impropria di posti dirigenziali, in genere, per non parlare del globalizzante business.

Quella generazione del dopo guerra (per usare una metafora) conserva ancora oggi, e più evidente di prima, il senso forte di un insegnamento basato sulla morale e sull’etica e non si ha timore a definirla patrimonio spirituale autentico di una nazione in un momento in cui continuo è lo sfilacciamento in molti ambiti della vita pubblica.

Va dato plauso a quella esperienza normativa contro i fannulloni, e come, ma si ha difficoltà a correlarsi con altri istituti che operano secondo una loro normativa, una loro etica e un loro personale modo di agire e di essere poco correlati con le altre realtà. Si tratta di una rivoluzione morale della pubblica amministrazione, ma rimangono forti dubbi sulla autenticità del reclutamento di quelle persone per le quali mai deve insistere il senso del caporalato, ma solo e soltanto il senso del servizio, per il quale necessitano onestà, preparazione e dirittura morale. Non si è mai sicuri che agendo per bene si abbiano i risultati desiderati e si compia la felicità sociale dell’uomo. La morale, è scritto, è sempre la stessa, non si modifica a seconda del suo essere applicata alla sfera pubblica o alla sfera privata. Ma la morale tiene sempre conto dell'oggetto, della realtà a cui si applica, la morale deve tenere conto della ragione e delle necessità dell’uomo, proprio come in politica.

Platone, nell’antica Grecia, durante la restaurazione democratica, ritenne opportuno fondare l’unità politica sulla saggezza e sul sapere. Non guardò alla nascente forza macedone, ma alla fiorente politica di Taranto con il pitagorico Archita e a Siracusa con il tiranno Dionisio, che cercò invano di convertire alla democrazia.

Politica e filosofia non possono non coincidere per rendere l’anima più virtuosa. Il pensiero, costruttore di ragionevolezze, coincidendo con l’anima, rende la persona e il cittadino una stessa cosa. Città-stato, ma anche uomo-stato, per cui si pensa possibile che solo attraverso un ritorno alla pratica della morale si possa esercitare una politica che non sia alla mercé di un qualsiasi imprevisto, di qualsiasi inganno, di qualsiasi tremore delle borse nel mondo e in casa propria, di un articolato e subdolo bond azionario.

Quando non ci sono denari, si può benissimo non spendere, attendere, oppure fare parsimonia e soprattutto adeguarsi senza reagire per sostituirsi allo Stato, ma ancor di più prendere consapevolezza degli sperperi del passato, della comune appartenenza del denaro pubblico e riordinare l’economia; quando il cittadino paga le tasse, in maniera sempre più esosa, occorre però che siano spesi adeguatamente, giustamente, correttamente per dare al cittadino ciò di cui ha bisogno. La irrisolutezza vanifica qualsiasi sforzo economico del semplice cittadino! Non è sostenibile il non risolvere i problemi della gente, il degrado della percorribilità, l’obsolescenza di un certo agire, il crollo o il trasferimento della produzione e del lavoro a vantaggio delle nuove professionalità imprenditoriali ammiccanti e invitanti che vanno a demolire il sistema stesso della democrazia, assieme al fragile uomo, e ai sacrifici di coloro che ci hanno preceduto, facendo persino crollare (questa volta al contrario) la stessa persona ritenuta, un tempo, valida e saggia.