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... ciao bà ...
sabato 24 novembre 2012
lunedì 19 novembre 2012
Non sappiamo più che cosa fare!

Forse alcuni trovano in questo modo di essere, anzi, di non essere, la loro piena espressione di vita, ignari dei danni che vengono procurati ai figli, alle persone abbandonate perché meno belle e meno attraenti, meno appariscenti. In questa sfera l’uomo sembra perdersi ancora di più che nel passato e basta un evento di cronaca qualsiasi per capire che cosa anima e guida la esistenza di tante persone. Il bello è che non riesce nemmeno a ricordarsi che ormai ogni cosa che compie viene registrata una, due, mille volte dai disseminati congegni elettronici sofisticati che continuano a mettere l’uomo sotto osservazione e sotto prova di deficienza. Però conta il momento, l’azione fine a se stessa, il godimento di un momento, l’ostentare cose costose anche se non si ha la forza di sostenerle e la capacità di pagarle.
Il risultato di quanto detto sopra è sotto gli occhi di tutti. Bambini contesi, figli dispersi e rifiutati, vite che appaiono irrimediabilmente danneggiate, valori affettivi in via di estinzione; l’aggressione dalle depressioni e dagli stati ansiosi va poi ad originare una guerra silenziosa dentro le coscienze, dove intervenire appare sempre più complesso e costoso, forse a volte anche impossibile. È triste sentirsi dire, dopo aver posto la domanda …allora, che cosa si può fare per aiutare questa persona?: “Non si può fare niente! Non si può intervenire!” Coloro i quali ancora credono che con la ragione si possa risolvere ogni problema, devono ricredersi fortemente! Esistono condizioni in questa nostra società che non si possono riparare, almeno per il momento.
Il passaggio dalla famiglia alla società è fatto consequenziale; consequenziale è pure il coinvolgimento delle strutture e delle istituzioni che in nome di regole giuste devono intervenire adeguatamente e con competenza.
Ci scordiamo, a questo punto, che le istituzioni sono figlie della famiglia e della società e che pertanto devono possedere al loro interno persone che non devono fumare, non devono tradire, non devono rubare, non devono comportarsi in maniera tale da perdere quella dignità iniziale.
Cerchiamo di capire qualcosa di più, ma ci imbattiamo in variazioni di regolamenti continui, in implementazioni di qualsiasi servizio di cui abbiamo bisogno, di aumenti sconsiderati, a volte, di esondazioni umane e, non ultima, ma solo per rendere l’idea, di truffe ai pensionati. Riscatti si, riscatti no, riscatti onerosi, riscatti annullati. Perché sottrarre al cittadino quanto ha maturato e pagato durante la vita? Perché non garantirgli più il merito che ha donato allo Stato? Perché cambiare le cose da un momento all’altro, tanto da non essere più in grado di seguire l’andamento delle decisioni di questo o quel governo? Quando il male avanza occorre sì tagliare, ma non il cuore se il male è alla gamba. Nessuno più rispetta il cittadino, anzi lo utilizza e non perde l’occasione per ribaltare quanto ha prima sostenuto a proprio uso e consumo. Quanto la parola ha perso il suo valore e la sua bellezza! La parola è la sintesi di tutto, solo che è lacerata, strattonata, inserita in qualsiasi contesto, fino a rimanere soltanto la maglia del tessuto. È difficile capire persino chi ha ragione.
Allora? Quanti sacrifici e cessazioni; quante tasse e restrizioni; quanto bisogno di rinuncia; rinuncia quasi a tutto e, al tempo stesso, incremento del debito personale e pubblico.
Si è parlato a lungo degli stipendi della casta, poi è venuta fuori la voragine del finanziamento pubblico ai partiti. Chi avrebbe mai detto che il disastro sarebbe stato causato proprio da quel voler apparire macho a tutti i costi, dai suv che non trovano nemmeno spazio sulle strade, dai videopoker, dalle multe per alta velocità alla faccia del cittadino, quello onesto e lavoratore; quello buono e dedito al servizio; quello che ama la propria nazione come ama i figli e non li allontana selvaggiamente da sé.
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